Influenzato dall’eruzione del vulcano indonesiano di Monte Tambora, il 1816 fu l’anno senza estate che ispirò la diciottenne Mary Shelley a scrivere Frankenstein e John Polidori Il vampiro. Il loro mentore, George Gordon, Lord Byron, li aveva istigati a competere tra loro nell’inventare la novella più agghiacciante. A sua volta, Byron fu influenzato da quel periodo buio e freddissimo nel comporre il poema Darkness. Inizia con:

Ho sognato un sogno, che non era tutto un sogno.
Il fulgido sole era estinto, e le stelle
erravano offuscate nello spazio eterno,
senza raggi, e senza corso, e la terra gelata
oscillava cieca e si anneriva nell’aria senza luna.

Nel 1991 il Monte Pinatubo nelle Filippine esplose con una forza tremenda, espellendo enormi quantità di cenere e gas nell’atmosfera. Il pennacchio era salito altissimo, penetrando nella stratosfera, il cuscino tra 10 e 50 chilometri di altezza. Aveva così iniettato circa 15 milioni di tonnellate di anidride solforosa in stratosfera, dove aveva reagito con l’acqua per formare uno strato nebbioso costituito da particelle di aerosol, composto soprattutto da goccioline di acido solforico. Nel corso dei due anni successivi, forti venti stratosferici avevano diffuso queste particelle di aerosol attorno a tutto il pianeta.

A differenza della CO2 e degli altri gas a effetto serra, l’aerosol “sulfureo” dovrebbe ridurre il riscaldamento globale, almeno per un po’, giacché l’acido solforico può raffreddare l’atmosfera terrestre (v. Effetto serra. Istruzioni per l’uso, 1994). Le particelle di acido solforico sembrano disperdere la luce ultravioletta nello spazio prima che possa entrare nella troposfera, lo strato inferiore dell’atmosfera terrestre. Ma, sotto certe condizioni, questa sostanza chimica può riscaldare la Terra, quando si combina con altri composti dell’atmosfera, influenzando la formazione delle nuvole. Nei successivi 15 mesi dalla eruzione del Pinatubo, comunque, gli studiosi misurarono una caduta significativa della temperatura media globale, ben 6 decimi di grado Celsius che a livello globale è tanto.

L’eruzione del vulcano sottomarino Hunga-Tonga di un anno fa, 15 gennaio 2022, è stata una delle meglio osservate nella storia umana e la più esplosiva dai tempi di quella del Pinatubo (v. Figura 1).

Classificata con indice di esplosività vulcanica pari a 5 su un massimo di 8, ha perturbato a lungo la superficie terrestre, riverberandosi per giorni in tutto il mondo. E ha iniettato nell’aria quasi mezzo milione di tonnellate di biossido di zolfo, assieme a quasi 150 milioni di tonnellate di vapore acqueo, giacché la caldera del vulcano si trova a circa 150 metri di profondità (v. Figura 2).

In pratica, l’emissione sulfurea di Hunga-Tonga è stata modesta, un cinquantesimo di quella prodotta dalla eruzione del Pinatubo. E nessuno ha potuto constatare alcun tangibile effetto di smorzamento della temperatura globale. L’eruzione, però, non è stata climaticamente neutra, poiché le osservazioni satellitari segnalarono subito l’anomala iniezione di vapore acqueo fino a una quota elevatissima, ben 53 chilometri (v. Figura 3). In tempi moderni, soltanto l’eruzione del Krakatoa nel 1883 potrebbe aver raggiunto una quota così elevata. A differenza delle precedenti forti eruzioni, questo evento potrebbe non raffreddare la superficie terrestre, bensì riscaldarla a causa dell’eccesso di vapore acqueo.

L’aumento dell’umidità atmosferica è rilevante, poiché l’anomalia viene stimata dell’ordine di un dieci o quindici percento rispetto al contenuto ordinario. E le conseguenze, purtroppo, non si estinguono in fretta. Poiché la perturbazione è dominata dal contributo del vapore acqueo, la perturbazione radiativa netta è positiva nonostante l’aumento del tasso di idrolisi del biossido di zolfo. La risposta climatica pluriennale all’eruzione sarà perciò determinata dall’evoluzione dell’umidità stratosferica. Se una consistente frazione del pennacchio di vapore acqueo stratosferico rimanesse lì per diversi anni, l’eruzione potrebbe influire in modo sensibile, anche se temporaneo, sul clima terrestre.

Uno studio dettagliato di questo fenomeno è stato pubblicato qualche giorno fa (Jenkins et al., Tonga eruption increases chance of temporary surface temperature anomaly above 1.5°C, Nature Climate Change, 13, February 2023: 127–129). La probabilità che, a causa dell’eruzione, l’anomalia globale della temperatura media terrestre superi un grado e mezzo non è trascurabile. L’eventualità che ciò accada in almeno uno dei prossimi cinque anni è pari al sette per cento. Non è una buona notizia, soprattutto se paragonata agli agognati obiettivi dell’accordo di Parigi sulla riduzione delle emissioni climalteranti.

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