Anche tre dosi di vaccino anti-Covid in un mese, pur di avere qualche spicciolo e un po’ di droga. È la fotografia che meglio sintetizza ciò che, secondo i magistrati, sarebbe avvenuto in provincia di Catania lo scorso anno, quando a tenere banco erano le verifiche (e le polemiche) sul green pass. L’indagine è nata quasi per caso. I carabinieri stavano indagando su alcune rapine avvenute a San Giovanni la Punta, quando si sono accorti che i malviventi avevano messo su un altro piccolo business: procurare green pass a chi non voleva saperne di vaccinarsi, sfruttando la disponibilità di alcuni tossicodipendenti a fare da “cavie”.

Regista principale sarebbe stato il 32enne Salvatore Mirabella. L’uomo, che è finito in carcere, si sarebbe avvalso di Antonio La Rosa e Alfio Murabito per procacciare i clienti – gli interessati ai green pass – e di Alberto Longo, a cui invece sarebbe spettato il compito di individuare i tossicodipendenti da mandare negli hub vaccinali della provincia per sottoporsi alle iniezioni. La suddivisione dei compiti, tuttavia, non è bastato a far sì che il gip, che ha comunque disposto l’arresto per i quattro, riconoscesse l’esistenza dell’associazione a delinquere, così come richiesto dalla procura.

Il sistema ideato da Mirabella avrebbe previsto la consegna dei documenti da parte dei beneficiari del green pass e, all’occorrenza, l’uso di fototessere delle persone da mandare ai centri vaccinali da apporvi sopra. Un’operazione di falsificazione che veniva facilitata anche dall’uso delle mascherine all’interno degli hub. “Tutte tossiche le prendiamo”, diceva Mirabella a chi gli chiedeva se “la femmina che se lo inietta” fosse sempre la stessa. Nel corso delle indagini, gli investigatori hanno monitorato almeno tre persone – due donne e un uomo – disponibili a ricevere le inoculazioni, in cambio di poche decine di euro e dosi di stupefacenti, tra cui crack. Il prezzo per ottenere la certificazione era fissato in 300 euro, che raddoppiavano in occasione del completamento del primo ciclo vaccinale.

Questo il caso di una donna di nazionalità sudamericana e residente in Italia che non si è mai recata all’hub, ma che per l’Asp etnea ha ricevuto due dosi tra febbraio e marzo 2022. Ad assumere la sua identità sarebbe stata una tossicodipendente di nazionalità romena in occasione della prima inoculazione e una italiana per il richiamo. “Lei già sa il prezzo, giusto?”, chiedeva Mirabella a Longo. Il procacciatore di tossicodipendenti lo rassicurava: “Sì, lei già è venuta una volta”. Una frase che non è passata inosservata al gip, che nell’ordinanza ha sottolineato come ciò faccia comprendere che tali operazioni fossero frequenti e che tutto “avveniva senza alcuno scrupolo relativo al rischio per la salute“.

Prima di recarsi nei centri vaccinali, Mirabella sarebbe stato solito dare informazioni sul soggetto da impersonare. “Quanti anni ha questa ragazza”, dice una donna disposta a farsi vaccinare. “Quanto te, un po’ più grande”, è la risposta. Non mancavano le raccomandazioni circa l’importanza di imparare a memoria il numero di telefono e le generalità della beneficiaria. Ricevuto il vaccino, all’uscita c’era Mirabella con la ricompensa: “Sono trenta euro che io ti devo dare… più la cosa, giusto?”. La cosa sarebbe stata la droga, dosi per un valore di circa venti euro.

Le operazioni di mimesi non sempre però sarebbero state semplici. In occasione del secondo vaccino da far risultare a carico della donna sudamericana, la sua “sostituta” racconta di avere trovato un addetto al centro vaccinale un po’ sospettoso: “Mi ha guardato in faccia e dice: ‘Lei, brasiliana?’. Io gli ho detto: “Certo, Brasile, grazies”». Dal canto suo, Mirabella avrebbe detto ad alcune donne di fingersi sordomute, perché presentatesi sotto l’effetto delle sostanze stupefacenti. “Mi ha mandato quattro femmine, Alberto… consumate“, è la frase intercettata dai carabinieri. Tra le persone in costante ricerca di droga ci sarebbe stato anche un 44enne di San Giovanni la Punta e amico di Mirabella. L’uomo si sarebbe messo a disposizione per molteplici iniezioni. Gli investigatori ne hanno monitorate tre il 7 marzo, il 16 marzo e il 4 aprile. Ma potrebbero non essere state le uniche.

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