“Quello che ho visto qui è disumano”. L’inquietante affermazione è di Luiz Inácio Lula da Silva dopo aver visitato un centro medico nella zona rurale di Boa Vista nel Roraima, lo stato più a Nord del Brasile, dove sabato 21 gennaio – accompagnato da una grande comitiva di ministri e militari – il neo eletto presidente brasiliano, si è recato per verificare di persona la crisi sanitaria e alimentare in cui si trovano gli Yanomami nella più grande e antica riserva indigena del Paese.

Le foto degli indios denutriti nei baracconi in legno ricordano altre epoche, sono immagini che impressionano, raccapricciano e hanno fatto rapidamente il giro del mondo. La grave crisi umanitaria ha spinto il ministero della Salute del neo eletto governo Lula a dichiarare lo stato d’emergenza nello stato brasiliano in cui – secondo l’Istituto brasiliano di geografia e statistica – vive la maggiore popolazione indigena del paese. Nel Roraima vivono poco meno di 500mila persone, di cui 50mila si dichiarano indios.

“Cinquecentosettanta bambini Yanomami sono morti di fame durante il governo del presidente Jair Bolsonaro. Il ministero dei Popoli indigeni prenderà misure urgenti riguardo a questa crisi umanitaria imposta contro i nostri popoli”, ha affermato la ministra dei Popoli indigeni, Sônia Guajajara, la quale ha fatto parte dell’imponente task force composta da ben otto ministri che hanno accompagnato Lula nella remota terra degli Yanomami. Oltre a Guajajara, erano presenti: la ministra della Salute Nísia Trindad, il ministro dello Sviluppo sociale, Wellington Dias, il ministro dei Diritti Umani, Silvio Almeida, il ministro della Giustizia, Flávio Dino, il ministro della Segreteria generale della Presidenza della Repubblica, Marcio Maced, il ministro della Difesa, José Múcio e il generale dell’Ufficio della Sicurezza Istituzionale, Gonçalves Dias, oltre al comandante dell’Aeronautica Militare, Marcelo Kanitz Damasceno.

Lo schieramento umanitario e politico accompagnato da un presidente della Repubblica è da considerarsi un fatto inedito nella storia degli indios, notoriamente massacrati dalla millenaria colonizzazione, non solo brasiliana. “Tratteremo gli indigeni come persone di prima classe”, ha affermato Lula nel suo viaggio che è diventato il sintomo di una forza sociale e civile che ritorna a vivere in Brasile. Il viaggio è un forte messaggio di potere e presenza dello stato in un territorio che, negli ultimi quattro anni, è stato dominato da forze politiche, occulte e alleate all’ex garimpeiro (cercatore d’oro ndr), divenuto capitano e poi presidente, Jair Bolsonaro.

Nel dedalo di frontiere limitrofe ai territori Yanomani, nei quattro anni del governo Bolsonaro, hanno circolato liberamente trafficanti di droga, d’armi e garimpeiros, i quali, con il consenso del governo federale, hanno illegalmente invaso i territori Yanomami. Circa ventimila cercatori d’oro sono presenti nell’area avvelenata dal loro mercurio che si riversa nei fiumi, uccidendo indios e brasiliani. Lula ha promesso che rimuoverà i garimpeiros, anche se non sarà facile farlo, anche con l’aiuto della Polizia federale e i militari. Gli Yanomami si ammalano, cadono in depressione collettiva, si suicidano a causa dell’inarrestabile devastazione ambientale nella foresta pluviale dilaniata dai buldozer degli avidi cercatori d’oro.

Paulo Roberto de Souza Moutinho, il co-fondatore dell’Ipam, l’istituto di ricerca ambientale di Belem do Pará, ha affermato in una intervista rilasciata a ilfattoquotidiano.it che il disboscamento illegale della foresta amazzonica è sostenuto dalla speculazione immobiliare e a farlo sono i “grileiros” (grilagem significa accaparramento e vendita di terre pubbliche, falsificando documenti di proprietà) che entrano nella selva, la disboscano e l’incendiano per poi venderla. “Quest’azione – sostiene Moutinho – è legata e s’alimenta principalmente con lo sfruttamento dell’oro, cui valori internazionali sono altissimi. Questi due fattori, oro e grilagem, sono legati poi al traffico di droga e d’armi nella regione”. Secondo l’ecologista, il racket è difficile da combattere, perché “convive con il potere pubblico locale”.

Il finanziamento delle attività illegali però non è presente nella regione, ma in città come São Paulo, Rio de Janeiro e persino all’estero. “Per aprire un giacimento d’oro con efficienza e rapidità, hai bisogno di piste di atterraggio, aeroplani e bulldozer”, afferma Moutinho. Non è ovviamente un caso che assieme a Lula viaggia anche Flavio Dino, il ministro della giustizia: “Il presidente Lula ha stabilito che le leggi siano rispettate in tutto il paese. E facciamolo in relazione alle sofferenze criminali inflitte agli Yanomami. Vi sono forti indizi del reato di genocidio, che sarà indagato dalla Polizia Federale”, afferma il ministro.

Il valore politico dell’aiuto dato dalla neonata presidenza Lula agli Yanomami diventa più potente e simbolico, poiché il viaggio in Roraima è avvenuto il giorno dopo in cui il presidente brasiliano – assieme al ministro della Difesa José Múcio e il presidente della Confindustria paulista, Josué Gomes, hanno incontrato i comandanti delle Forze armate a Brasilia. Un incontro delicato, poiché non solo è servito a chiarire la posizione dei militari nei confronti della democrazia brasiliana, dopo i moti golpisti bolsonaristi avvenuti l’otto gennaio a Brasilia, ma anche perché Lula e il presidente della Confindustria paulista hanno annunciato ai vertici delle Forze Armate l’aumento delle spese militari e il potenziamento dell’industria bellica nazionale, tra cui la ripresa della costruzione del sommergibile nucleare militare costruito insieme al governo francese.

Il recente pot-pourri di fulminanti e inarrestabili fatti ha scosso milioni di brasiliani e il neo eletto governo Lula che, dopo lo shock iniziale, esce gradualmente rinforzato dall’instabile situazione che inqueta anche il mondo. Lula resta saldo al potere e dimostra anche la sua coerenza, impegno sociale e civile annunciato in campagna elettorale. La presenza del presidente tra gli Yanomami e del suo entourage politico è una immediata risposta al tentativo di golpe degli alleati dell’ex presidente Bolsonaro che hanno tentato di sedurre le Forze armate brasiliane, le quali non hanno schierato, come nel Sessantaquattro, i carri armati nelle strade.

Lo dimostra l’astuta manovra di Lula e del ministro Mucio, i quali, oltre che di armi, avrebbero parlato, con l’alto comando militare della rimozione del generale Júlio César de Arruda dal suo incarico di comandante dell’Esercito, cui dimissione è stata annunciata da Lula sabato in Roraima. Il generale si era rifiutato di consegnare alla polizia militare centinaia di bolsonaristi che si erano rifugiati davanti alla sua caserma, dopo l’attacco ai palazzi del potere di Brasilia. Ma il viaggio di Lula in Amazzonia non è legato solo a una questione di potere, ma anche di ricompensa per l’impegno dimostrato dagli indios che hanno dato un forte contributo alla campagna elettorale presidenziale petista e della giovane democrazia brasiliana.

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