Siamo i migliori al mondo e non abbiamo nessuna intenzione di cambiare. Potrebbe sintetizzarsi così l’ultimo rapporto sul “posizionamento dello sport italiano a livello olimpico”, che mette in fila gli straordinari risultati delle nazionali azzurre nel 2022, l’anno dei record. “Non vuole essere una autocelebrazione”, precisa il segretario generale del Coni, Carlo Mornati. Ma di fatto lo è: “Difficilmente abbiamo trovato un modello migliore”. Messaggio chiaro, e neanche troppo implicito, a chi “vorrebbe proporre un sistema nuovo per il nostro mondo”. Su una cosa il Comitato Olimpico guidato da Giovanni Malagò ha ragione: i numeri non mentono, e sono clamorosi. I 40 podi di Tokyo 2021 e i 22 di Pechino (seconda miglior edizione invernale di sempre) ce li ricordiamo bene, ma è la tendenza che conta: nel 2022 ci siamo piazzati al terzo posto assoluto nella classifica delle gare olimpiche disputate ai Mondiali, soltanto colossi come Usa e Cina hanno fatto meglio. Il dossier – che prende in esame l’ultimo decennio tra Londra e Pechino, cioè l’era Malagò – dimostra un incremento di medaglie del 58%, che si conferma anche a livello giovanile (+75%): dal 2013 l’Italia si è aggiudicata da sola il 15% di tutte le medaglie messe in palio nelle varie rassegne internazionali. Significativo anche il quarto posto fra le nazioni con medaglie conquistate in più sport diversi, a dimostrazione della multidisciplinarietà che è indubbiamente uno dei vanti del sistema italiano, rispetto ad altri Paesi più celebrati (come Regno Unito, o Australia, che investono e vincono tantissimo in pochi settori in cui eccellono, abbandonando però gli altri).

Con questi numeri, si può essere ottimisti in vista di Parigi 2024 e dei Giochi di casa di Milano-Cortina: sulla base dei risultati ottenuti nell’ultimo anno nelle gare previste dal calendario olimpico, l’Italia ha una proiezione di 42 medaglie alle prossime olimpiadi estive (sarebbe record assoluto, ancora meglio di Tokyo) e 19 a quelle invernali. Preoccupa solo l’innalzamento dell’età demografica del Paese, che si traduce in un progressivo calo della popolazione “convocabile”: come già evidenziato dagli ultimi rapporti Istat, nel ‘92 la fascia 20-34 anni rappresentava il 13,5% della popolazione totale, oggi è scesa sotto il 10; abbiamo perso 4 milioni di ragazzi, cioè potenziali atleti, e questo a lungo termine non potrà non avere ripercussioni sulle nazionali.

Per ora lo sport italiano funziona. Il retropensiero e lo scopo del report confezionato dal Coni però è chiaro. “Ci difendiamo solo con la competenza e il nostro modello: ci si deve occupare di tutto quello che è fuori da questo sistema”, commenta Malagò. Che significa: basta riforme sullo sport. “Se le Federazioni sono chiamate a partecipare a eventi sportivi sanno produrre tutto questo, se sono chiamate a fare altro chissà”, aggiunge Mornati. Ed è vero che le Federazioni dovrebbero concentrarsi soprattutto sull’alto livello, mentre il riferimento è ai recenti, ripetuti tentativi governativi di deviarle verso l’attività di base, maldestro palliativo per supplire alle decennali mancanze dello Stato sulla scuola. Se la parte sportiva va salvaguardata, però, lo stesso non si può dire di quella gestionale, a cui sono rivolte le richieste di riforma: il sistema sportivo italiano accumula scandali su scandali, refrattario ad ogni cambiamento. Come conferma anche la crociata per salvare le poltrone dei presidenti federali, a cui si accoderà anche il Coni (Malagò ha annunciato che presenterà una proposta per modificare la legge sul limite dei mandati). La casta dei presidenti continua a trincerarsi dietro le medaglie: vinciamo grazie a tutto questo. O nonostante tutto questo. Questione di punti di vista.

Twitter: @lVendemiale

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