L’ingiustizia è stata sanata a tempo di record. È bastato che la notizia diventasse pubblica e l’Agenzia delle Entrate ha fatto una rapida marcia indietro. Non pretende più dal figlio di una coppia orrendamente massacrata nel 2007 da un rapinatore i soldi per la registrazione di una sentenza civile che tra l’altro l’uomo aveva vinto contro il Ministero dell’Economia e Finanze. La vicenda era quella dell’uccisione avvenuta nell’agosto 2007 a Gorgo al Monticano, in provincia di Treviso. Guido Pelliciardi e la moglie Lucia Comin erano stati uccisi dall’albanese Artur Lleshi, 33 anni (poi suicida in carcere). Dall’esterno, a dirigere l’irruzione nella villa di un imprenditore dove i coniugi lavoravano come custodi, era stato un altro albanese, Naim Stafa, che oggi ha 48 anni, poi condannato all’ergastolo. Incredibilmente, a distanza di quindici anni al figlio Daniele Pelliciardi era arrivata una cartella esattoriale da 1.639 euro, che egli però non doveva pagare perché la somma era a carico dello Stato.

La sua indignazione ha avuto un esito positivo. L’avvocato Alessandro Romoli di Treviso aveva presentato opposizione contro la richiesta ingiustificata. “Mi è arrivata ora dall’Ufficio Roma 2 dell’Agenzia delle Entrate del Lazio, una dichiarazione di sgravio della procedura. Dopo aver ricevuto una nota dalla cancelleria del Tribunale di Roma, l’ufficio ha provveduto alla correzione”. Daniele Pelliciardi ha commentato: “Ringrazio tutti i giornalisti che hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica questo problema. È stata fatta un po’ di confusione, ma alla fine il risultato è arrivato”. Il legale ha aggiunto: “In tanti anni di professione non mi è mai capitato che un errore venisse riconosciuto così prontamente. La richiesta di sgravio è stata inoltrata il 5 gennaio, la risposta mi è arrivata mercoledì 11. Mi hanno pure chiamato da Roma. L’errore era palese, ma non se ne sono accorti subito”.

La causa civile a cui si riferiva la sentenza da registrare era quella che Pelliciardi aveva intentato allo Stato per ottenere la liquidazione degli unici soldi in possesso di Stafa. Si trattava di 111mila euro per una ingiusta detenzione che l’uomo aveva subito a Napoli. Siccome Stafa aveva dato un nome diverso al momento dell’arresto, Pelliciardi aveva dovuto ricorrere a una procedura giudiziaria per ottenere il riconoscimento che la persona arrestata a Napoli fosse proprio la stessa poi processata a Treviso. Il Mef si era opposto, ma aveva perso la causa. Per un errore (probabilmente della Cancelleria del Tribunale di Roma) le spese di registrazione erano state addebitate al figlio delle vittime che aveva invece vinto la causa. Una prima richiesta risaliva al 2019, per un importo di 1.593 euro. L’avvocato Romoli già allora aveva scritto spiegando l’errore, ma la burocrazia, implacabile, non aveva desistito. Tempo due anni e mezzo ed era arrivata una nuova cartella, maggiorata da interessi e spese, ora cancellata.

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