Le riaperture cinesi alla prova del Capodanno lunare. Secondo Liang Wannian, funzionario della Commissione sanitaria nazionale nonché responsabile del team cinese contro il Covid-19, “non c’era momento migliore” per l’improvvisa sospensione della politica Zero Covid a inizio dicembre. Aspettare avrebbe infatti comportato un numero ancora superiore di contagi e di decessi, dato che una riapertura nei prossimi mesi sarebbe avvenuta con una protezione dei vaccini risalente alla scorsa estate. E quindi inferiore. Ma gestire la situazione nelle prossime settimane non sarà cosa facile e il centro di analisi britannico Airfinity, in contrasto con le previsioni della Repubblica Popolare, stima che già il 23 gennaio le morti giornaliere nel Paese potrebbero raggiungere quota 25mila.

Nel mese di gennaio la recente riapertura ai viaggiatori internazionali (251.000 gli ingressi solo domenica) si sovrappone infatti alle celebrazioni per il Capodanno cinese, che quest’anno cade il 22 del primo mese dell’anno. Un evento che, come da tradizione, per 40 giorni vede la popolazione spostarsi da una parte all’altra del Paese per festeggiare in famiglia o godersi i rari giorni di vacanza nelle principali mete turistiche. Per ragioni intuibili la chiamano la più grande migrazione umana annuale del mondo: solo sabato scorso 34,7 milioni di persone hanno viaggiato a livello nazionale, un volume superiore di oltre un terzo rispetto al 2021. Secondo dati del ministero dei Trasporti, durante tutto il periodo di festa sono attesi più di 2 miliardi di passeggeri. Stime al rialzo del 90% su base annua che risentono dell’astinenza indotta dai tre anni di limitazioni e monitoraggio degli spostamenti attraverso le varie app sanitarie.

Il rischio ora è che i flussi migratori di ritorno verso le località di origine portino il virus dalle città alle campagne, dove le strutture sanitarie sono carenti. Occorre specificare infatti che per ora l’ultima ondata ha investito i grandi centri densamente abitati, come Pechino, Guangzhou, Shanghai e Chongqing, dove il peggio sembra ormai passato. Secondo le autorità locali, nello Henan, la terza provincia più popolosa del Paese, quasi il 90% degli abitanti è già stato contagiato. Ma nelle regioni interne del Sichuan, dello Shaanxi, del Gansu e del Qinghai – avverte la rivista Caixin – le infezioni raggiungeranno il picco solo nella seconda metà di gennaio.

Il ministero degli Affari agricoli e rurali lo ha detto chiaramente: le campagne – dove vivono 500 milioni di persone – rappresentano l’anello debole nel controllo dell’epidemia. Mentre non è noto il tasso di vaccinazione locale (a livello nazionale si attesta al 90% per la seconda dose ma a meno del 60% per la terza), le condizioni sanitarie fuori dalle zone urbane sono notoriamente scarse: le terapie intensive sono insufficienti e i residenti hanno meno consapevolezza della prevenzione e delle norme igieniche. Secondo statistiche del governo riportate dal New York Times, nelle aree rurali sono presenti appena 1,3 milioni di medici e 1,8 milioni di infermieri, circa la metà del personale disponibile nelle città ogni 1.000 persone. Senza contare che si tratta perlopiù di operatori sanitari di base, quindi in possesso soltanto di una formazione medica essenziale: meno dell’1% vanta titoli universitari e poco più della metà ha conseguito il diploma di scuola superiore professionale.

Mentre il ministero dei Trasporti ha scoraggiato i cittadini dall’effettuare viaggi non necessari, l’Amministrazione nazionale per la rivitalizzazione rurale, confidando poco nell’ascolto della popolazione, domenica ha rilasciato alcune linee guida per le comunità rurali. Oltre all’impiego delle tipiche misure preventive – come indossare correttamente le mascherine e mantenere una distanza di sicurezza in occasione di raduni -, la raccomandazione è di mantenere una disponibilità di medicinali per più di due settimane. Agli ospedali delle città è stato inoltre chiesto di inviare esperti e squadre mediche nelle campagne per assistere i gruppi ad alto rischio. E dove non arriva lo Stato è auspicabile il supporto dei privati: le direttive incoraggiano gli abitanti dei villaggi in possesso di auto a formare squadre di trasporto volontarie per accompagnare in ospedale le persone con infezioni gravi o in condizioni mediche di emergenza quando le ambulanze non riescono ad arrivare in tempo.

Il nuovo piano di controllo consentirà inoltre ai governi locali di reimporre restrizioni sugli assembramenti, ordinare la sospensione di attività di lavoro in presenza e della didattica nelle scuole, nonché interrompere le “attività non essenziali”, inclusi eventi, spettacoli e conferenze. Stando alla nota, “le misure di prevenzione e controllo generalmente non sono richieste in circostanze normali”, ma “possono essere presi provvedimenti temporanei, a seconda del tasso di infezione della popolazione e della pressione sulle risorse mediche”. Ergo, la patata bollente passa nuovamente nelle mani delle amministrazioni provinciali che dall’inizio della pandemia hanno dovuto interpretare e riadattare il diktat di Pechino alle condizioni locali. Spesso proteggendo il governo centrale dalla responsabilità di scelte sbagliate.

L’impressione è che, confidando sulla bassa patogenicità di Omicron, la leadership guidata da Xi Jinping abbia optato per strappare il cerotto con un sol colpo, anziché procedere con una graduale ma estenuante riapertura: lo stato dell’economia e il malcontento popolare non permettevano altri ritardi.

Per Zhang Wenhong, noto specialista di malattie infettive, presto anche in Cina il Covid diventerà una malattia endemica “come l’influenza”, “un’epidemia stagionale”. In varie città del paese i ceppi Omicron BF. 7 e BA. 5.2 sono già presenti, mentre 16 sono i casi attribuiti negli ultimi cinque mesi alle nuove varianti XBB, dominanti negli Stati Uniti, in Europa, a Singapore e in India. Secondo Chen Cao, ricercatore presso il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie, la maggior parte dei pazienti infettati da BA. 5.2 o BF. 7 produrranno presto gli anticorpi contro le varianti XBB con un effetto protettivo fino a circa sei mesi.

Le proiezioni degli esperti internazionali non sono altrettanto ottimiste. Tenendo conto degli assembramenti in vista del Capodanno lunare, Airfinity stima che il 23 gennaio, raggiunto il picco, la Cina fronteggerà 25mila decessi giornalieri. Stando alla società di analisi britannica, entro la fine di aprile saranno 1,7 milioni le morti per Covid nel Paese asiatico.

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