Le distrofie muscolari (DM), malattie ereditarie provocate da alterazioni genetiche, possono causare perdita di funzione, riduzione o assenza delle proteine necessarie per il funzionamento adeguato delle fibre muscolari. A compiere un passo avanti verso lo sviluppo di terapie volte a curare questi disturbi un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, condotto dagli scienziati della Texas A&M University, del Medical College of Wisconsin, dell’Università della Florida, dell’Università di Washington, della North Carolina State University, dell’Università del Nevada a Reno e di Solid Biosciences Inc.

Il gruppo di ricerca, guidato da Sharla Birch, ha ideato una nuova tecnica sperimentale, testata su modelli animali, che sembra in grado di ripristinare, anche se in parte, la funzione muscolare. I ricercatori hanno infatti utilizzato un insieme di geni miniaturizzati. Il trattamento, riportano gli autori, si è rivelato sicuro ed efficace nella coorte analizzata. Le distrofie, spiegano gli scienziati, vengono classificate in base a una serie di criteri clinici e ai difetti genetici che le provocano. La forma più frequente in età evolutiva è la distrofia muscolare di Duchenne o DMD. Questa malattia ereditaria è associata ad alterazioni del gene Distrofina, che si trova sul cromosoma X e viene trasmesso come gene recessivo. I pazienti affetti da DMD sperimentano una progressiva dei muscoli scheletrici e del muscolo cardiaco. Le stime attuali indicano che la distrofia muscolare di Duchenne si presenta con una frequenza di un caso su circa cinquemila nati vivi. Considerata meno grave, l’altra forma di distrofia muscolare piuttosto comune è la malattia di Becker, che si manifesta attraverso il funzionamento parziale della proteina legata alla distrofia. Il tasso di incidenza di questa distrofia, molto più comune negli uomini, varia orientativamente da un caso ogni 18 mila a uno ogni 31 mila.

Le terapie attuali contro queste condizioni, sottolineano gli esperti, sono spesso limitate dalla difficoltà di ottenere farmaci sicuri e ben tollerati, ma anche dalla complessità di localizzare il trattamento. I geni miniaturizzati, ipotizzano gli studiosi, potrebbero superare queste problematiche. La terapia genica viene infatti da tempo considerata come un intervento promettente per la DMD, anche se molti vettori adenovirali convenzionali non sono abbastanza grandi da fornire la trascrizione corretta per il gene Distrofina. In questo lavoro, gli scienziati hanno utilizzato transgeni di microdistrofina, che possono inserirsi all’interno di vettori virali utilizzati clinicamente, trasportando però tutti i componenti essenziali per le proteine ​​funzionali.

Il team ha esaminato il potenziale terapeutico della microdistrofina-5, una microdistrofina testata negli studi clinici. I ricercatori hanno somministrato la terapia a un gruppo di cani con distrofia muscolare di Duchenne, che sono stati seguiti per un periodo di 90 giorni. Alla fine della ricerca, è stato osservato un incremento dei livelli della proteina nel muscolo scheletrico, nel cuore e nel diaframma degli animali. Sebbene il trattamento non abbia risolto completamente i sintomi, alcuni esemplari hanno mostrato segni di miglioramenti funzionali nei muscoli respiratori e un’incidenza inferiore di lesioni correlate alla malattia. Il regime è stato considerato sicuro e non ha provocato effetti collaterali o conseguenze negative sulla salute dei cani. Questo lavoro, concludono gli esperti, aggiunge ulteriore supporto alla sicurezza e al potenziale terapeutico delle terapie a base di microdistrofina e potrebbe portare allo sviluppo di un trattamento efficace per la distrofia muscolare di Duchenne.

Valentina Di Paola

Articolo Precedente

Prescrizione, dopo l’ok all’odg Costa rilancia: “Presentiamo un ddl per cancellare il blocco”

next
Articolo Successivo

Healing garden, cos’è e come funziona il giardino terapeutico: “Mezz’ora di godimento nella natura, dopo il lavoro, aiuta la mente e il corpo a rigenerarsi”

next