Lirio Abbate non è più il direttore de L’Espresso. L’editore Danilo Iervolino ha comunicato al Comitato di redazione quella che i rappresentanti sindacali dei giornalisti definiscono “immediata e immotivata sostituzione”, proprio “nel momento in cui deve essere attuato il piano editoriale”.

La decisione dell’editore ha provocato la reazione della redazione che ha proclamato lo stato di agitazione, nonché una riunione permanente dell’assemblea e ha dato mandato al Cdr di prendere “ogni tipo di iniziativa” a tutela del “prestigio” e della “indipendenza” della testata.

A marzo L’Espresso è stato venduto dal gruppo Gedi, guidato da John Elkann, alla Bfc Media dell’imprenditore campano, fondatore dell’Università telematica Pegaso, poi ceduta al fondo Cvc Capital partners, e proprietario della Salernitana. I due hanno siglato un accordo che prevede – fino a marzo 2023 – l’uscita in abbinamento del settimanale con il quotidiano La Repubblica.

Secondo Dagospia, dietro la rimozione di Abbate dalla direzione de L’Espresso ci sarebbe l’inchiesta, pubblicata nell’edizione di domenica 11 settembre, sulla deforestazione in Amazzonia. Secondo quanto ricostruito da Paolo Biondani e Pietro Mecarozzi, Exor e Cnh Industrial di Elkann sarebbero tra le società finanziatrici dei colossi brasiliani accusati di devastare il polmone verde sudamericano. Una ricostruzione che avrebbe infastidito Elkann, che ne avrebbe messo al corrente Iervolino. Con il quale resta in ballo l’intesa, molto importante per le sorti del settimanale, per la distribuzione del settimanale con La Repubblica.

Il retroscena ricostruito da Dagospia ha provocato la risposta di Andrea Griva, a capo della comunicazione del Gruppo Gedi: “Ho letto la Dagonota secondo cui la rimozione di Lirio Abbate dalla direzione de l’Espresso sarebbe stata richiesta da Exor o da Cnh Industrial – si legge nella replica di Griva – Sei fuori strada, e ti do una notizia: aspettiamo a braccia aperte il ritorno di Lirio nel Gruppo Gedi (controllato da Exor)”.

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