Litigano sui soldi per gli staff dei ministri e sulle poltrone da sottosegretario. E alla fine aumentano solo i primi, almeno per il momento. E’ stata una giornata delicata per la maggioranza che sostiene il governo di Giorgia Meloni, chiamata ad affrontare per la prima volta il voto parlamentare su uno dei primi decreti approvati. Si tratta del decreto che cambia i nomi ai ministeri, introducendo le definizioni identitarie, che tante polemiche aveva provocato nei giorni della formazione dell’esecutivo. E ora che è arrivato in Parlamento, ha creato spaccature in maggioranza e più di qualche imbarazzo, tanto da far slittare di ora in ora fino al pomeriggio inoltrato la seduta della Commissione Affari costituzionali della Camera che esaminava il decreto.

Lupi vuole più poltrone da sottosegretario – Il casus belli era rappresentato da un emendamento di Alessandro Colucci e Maurizio Lupi, di Noi Moderati, che chiedeva di aumentare il numero dei sottosegretari da 65 a 68. Il governo aveva dato parere negativo ma i parlamentari non lo hanno ritirato sostenendo che ci fosse un accordo politico tra i leader dei partiti. La minaccia era il voto contrario su emendamenti degli altri partiti che aumentavano le risorse finanziarie degli staff di alcuni ministri: la Lega proponeva di aumentare di 480mila euro la dotazione per lo staff del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, Forza Italia di 975.000 per lo staff del titolare all’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin (che così avrebbe aumentato il suo organico di 30 unità) e Fdi per quello del viceministro Maurizio Leo. In una sorta di stallo da tutti contro tutti la seduta della commissione è stata rinviata ancora. E solo a quel punto Colucci ha ritirato il proprio emendamento mentre gli altri sono stati approvati. Sull’aumento dei sottosegretari Noi Moderati ci ha però tenuto a precisare che “l’esigenza resta“: come dire, la proposta potrebbe essere ripresentata presto.

I 5 stelle contro la Lega – Una situazione denunciata dall’opposizione, con i 5 stelle che sono andati all’attacco dell’aumento dei fondi per lo staff del ministro dell’Istruzione: secondo il partito di Giuseppe Conte l’aumento è stato finanziato tagliando la didattica, in particolare il Fondo istituito dal governo Renzi con la Buona scuola. “Meno fondi per l’offerta formativa e la continuità didattica e più soldi al ministro Valditara per accrescere il suo staff. Sembra incredibile, ma è esattamente il contenuto di un emendamento, a prima firma del leghista Rossano Sasso, approvato in commissione Affari costituzionali alla Camera, che sottrae quasi 500.000 euro a un fondo del Ministero dell’istruzione per il miglioramento e la valorizzazione dell’istruzione scolastica e li destina all’aumento della dotazione finanziaria per il personale a disposizione del ministro Valditara. È assurdo”, dice Barbara Floridia, capogruppo dei 5 stelle al Senato.

La smentita del ministero – Il ministero di viale Trastevere però smentisce: “In riferimento alle notizie diffuse riguardo alle spese per la diretta collaborazione – si legge in una nota – il ministero dell’Istruzione e del Merito precisa che le cifre impiegate sono pienamente in linea con quelle delle gestioni precedenti. Inoltre, nella Legge di Bilancio non solo non è previsto alcun taglio di risorse alla scuola, ma sono stati deliberati incrementi per ben 650 milioni di euro”. Secondo il dem Andrea Casu, in ogni caso, quella di oggi è stata “una tarantella ridicola per togliere fondi ai ministeri e darli a staff esterni”, mentre secondo Filiberto Zaratti di Europa verde “la maggioranza è già allo sbando”.

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