“È uno dei sistemi normativi più efficaci e potenti del panorama internazionale” ma, per contrastare in maniera organica ed efficiente la violenza contro le donne, in Italia servono ancora dei passaggi fondamentali a partire dalla necessaria adozione di un codice strutturato che riguardi il contrasto della violenza di genere. Lo spiega la giudice consigliera della Corte di Cassazione, Paola Di Nicola Travaglini. Nonostante l’importante lavoro svolto fino a oggi dal punto di vista giuridico “la qualità della risposta cala perché non abbiamo uno strumentario completo e coordinato di norme” sottolinea la giudice, che è stata anche consulente giuridica della Commissione parlamentare sul femminicidio e autrice di “La mia parola contro la sua” (edito HarperCollins). “Non abbiamo un codice ma norme sparse. Chi si occupa di violenza contro le donne non ha a disposizione un codice completo che preveda cosa deve accadere passo per passo dal momento in cui avviene una denuncia o un atto di violenza”, spiega. Altro punto che necessita di un intervento è la formazione. “La magistratura, le forze di polizia, l’avvocatura, i servizi sociali e i medici non hanno un obbligo di formazione in materia di violenza contro le donne”, ha aggiunto la giudice in occasione di un incontro organizzato dall’organizzazione WeWorld. “Noi contrastiamo il più difficile fenomeno criminale e culturale – sottolinea – attraverso lo spontaneismo di ciascuno e ciascuna di noi. Se le istituzioni non hanno la competenza e la conoscenza della radice culturale e identitaria della violenza contro le donne e che riguarda tutti e tutte, rischiamo sentenze che ci riportano ancora al delitto d’onore”, aggiunge. È necessario pertanto, anche per le istituzioni, ripulire e ripulirsi dai pregiudizi che stanno alla base. “Liberarsi di tutto questo patrimonio culturale per uomini e donne è molto difficile e bisogna partire dalla consapevolezza che ciascuno di noi, ovunque operi, ne è vittima”.

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