Stereotipi di genere e pregiudizi verso le donne sono ancora molto diffusi nella nostra società e continuano a insinuarsi anche nelle istituzioni, arrivando nelle aule dei tribunali quando si giudicano casi di violenza di genere e sopraffazione.

Se l’è cercata” è una frase ancora molto ricorrente quando si parla di casi di violenza contro le donne. E sull’argomento WeWorld (organizzazione italiana che da 50 anni difende i diritti di donne, bambini e bambine in Italia e in 27 Paesi del mondo) ha organizzato un incontro a Milano, in occasione di Bookcity, per parlare di “Donne: quando il pregiudizio è più importante del giudizio”.

Un dibattito sui pregiudizi contro le donne in ambito giuridico al quale ha preso parte la giudice consigliera della Corte di Cassazione, Paola di Nicola Travaglini, già consulente giuridica della Commissione parlamentare sul femminicidio e autrice di “La mia parola contro la sua” (edito HarperCollins).

“Ogni donna, dal momento in cui si sveglia al momento in cui va a dormire, è sottoposta a un quotidiano e continuativo giudizio sul rispetto di regole sociali acquisite da millenni, che non sono altro che regole di sudditanza e sottomissione”, ha detto la giudice sottolineando come questi pregiudizi entrano nell’aula di giustizia rischiando di “non consentire a giudici, testimoni, forze dell’ordine, avvocati di vedere ciò che è necessario vedere”.

In occasione del dibattito il presidente di WeWorld, Marco Chiesara, ha presentato il vademecum “Violenza maschile contro le donne: indicazioni per l’assistenza legale”: uno strumento per tutte le donne vittime di violenza – curato dall’avvocata penalista Nicoletta Parvis e dell’avvocato civilista Goffredo Iacobino – che chiarisce, con semplici domande e risposte, tutti i quesiti legali che le donne si trovano ad affrontare quando devono denunciare una violenza: dal ruolo dei testimoni all’affido dei figli minori fino ai numeri utili per ricevere assistenza. Uno strumento per facilitare, almeno dal punto di vista legale, il difficile percorso delle donne vittime, rendendole più consapevoli dei propri diritti, informate e in grado di intraprendere un percorso di ricostruzione di sé stesse e della propria vita.

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Scegliere di non avere figli è una decisione che va rispettata e non giudicata

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