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I “trapper brigatisti” P38-La Gang indagati dalla procura di Torino per istigazione a delinquere

Non si conoscono i nomi dei membri della band perché appaiono sul palco con dei passamontagna, celando la loro identità. La band è nata nel 2020 ed i componenti si autodefiniscono “trapper brigatisti”. Tra i titoli delle canzoni spicca ‘Renault’, che dice ‘Zitto Zitto pagami il riscatto, zitto zitto sei su una R4…’, rimandando all’immagine dell’auto rossa nella quale venne trovato Moro
I “trapper brigatisti” P38-La Gang indagati dalla procura di Torino per istigazione a delinquere
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Simboli delle Br e testi delle canzoni che inneggiano al gruppo terroristico di estrema sinistra. Così i membri della band P38-La Gang sono finiti all’attenzione della Procura di Torino che, dopo le denunce dei familiari delle vittime, ha aperto un’inchiesta, supportata dagli uffici territoriali di Bologna, Bergamo e Nuoro, con l’accusa di istigazione a delinquere. I Carabinieri e la polizia hanno inoltre svolto perquisizioni nei confronti dei quattro componenti del gruppo, sequestrando materiale informatico utile alla prosecuzione delle indagini. Tra gli esposti presentati contro la band c’era anche quello di Maria Fida Moro, figlia primogenita dello statista democristiano ucciso dalle Br.

Non si conoscono i nomi dei membri della band perché appaiono sul palco con dei passamontagna, celando la loro identità. La band è nata nel 2020 ed i componenti si autodefiniscono “trapper brigatisti”. Tra i titoli delle canzoni spicca Renault, che dice “Zitto Zitto pagami il riscatto, zitto zitto sei su una R4…”, rimandando all’immagine dell’auto rossa nella quale venne trovato Moro.

Tra marzo e aprile, il gruppo, ha suonato in diverse città italiane: Roma, Firenze, Bergamo, Padova, Bologna e Pescara. L’ultimo concerto sollevò diverse polemiche, quello del primo maggio a Reggio Emilia, in un circolo Arci. Nella terra dove oltre mezzo secolo fa nacquero le Br con Renato Curcio, Margherita Mara Cagol e Alberto Franceschini. L’episodio provocò anche lo sdegno di Lorenzo Biagi, figlio del giuslavorista Marco ucciso dalle Nuove Br a Bologna nel 2002. La Digos di Reggio Emilia, poi, avviò le indagini nei confronti del presidente del circolo Arci che ospitò il concerto. La polemica colpì anche la città di Bologna, dove la band suonò lo scorso 22 aprile alla Ex Centrale, uno spazio del Comune dato in gestione a un centro sociale. Il Comune, a seguito dell’evento, fece sapere che reputava “tale episodio riprovevole e censurabile“. E Fratelli d’Italia chiese la revoca degli spazi.

Ad aprile, come riportato dall’edizione locale del Messaggero, i componenti della band furono denunciati dalla Digos di Pescara in seguito all’esibizione del 25 aprile, sempre in un circolo Arci. Sulla vicenda arrivarono due esposti in procura, uno a firma di Bruno D’Alfonso, uno dei tre figli di Giovanni, carabiniere abruzzese di 44 anni ucciso dalle Br nel ’74 in provincia di Alessandria nello scontro a fuoco per la liberazione dell’industriale Vittorio Vallarino Gancia

Lo scorso 16 maggio, Maria Fida Moro rilasciò un’intervista alla Gazzetta di Reggio, nella quale annunciò di voler agire per vie legali: “Qui non si tratta di libertà di pensiero, ma è istigazione al terrorismo. Mio padre, Aldo Moro, era il contrario di tutto ciò che c’è in quei testi, altrimenti sarebbe stato comprato come altri. Invece è stato ucciso”. E concluse: “Solo chi è passato per un dolore del genere può davvero capire cosa si prova e può capire che anche una canzone può avere esiti volgari e pericolosi“.

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