Le “scritture private integrative” che dovevano “garantire” il “pagamento incondizionato”, anche se i giocatori avessero lasciato la Juventus, erano state “occultate” al di fuori della sede del club. Ma sono state ritrovate durante le perquisizioni dello scorso 23 marzo in uno “studio legale fiduciario” dei bianconeri, dove erano portate “in quanto protetto dalla guarantigie”. Secondo la procura di Torino, queste scritture private riguarderebbero il recupero “incondizionato” della riduzione degli stipendi concordato con i calciatori, stando alle comunicazioni pubbliche della società, per fronteggiare l’emergenza Covid.

È il cuore della “manovra stipendi”, uno degli assi attorno alla quale ruota l’inchiesta svolta dalla Guardia di finanza che vede indagate 15 persone e la stessa società per responsabilità amministrativa. Dall’atto di conclusione delle indagini, riguardo alle due ‘manovre’, emerge la figura dell’avvocato Cesare Gabasio, general counsel and Chief legal officer del club bianconero. Ad avviso del procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dei pm Ciro Santoriello e Mario Bendoni, è stato lui a “curare” la “realizzazione della ‘manovra stipendi’, fornendo gli strumenti necessari al raggiungimento” degli “intenti criminosi dei clienti e, comunque, rafforzandoli”. Gabasio avrà modo di chiarire la sua posizione già nei prossimi venti giorni con memorie o chiedendo di essere ascoltato dai magistrati, intanto il club ha rigettato in toto le ipotesi accusatorie e le ricostruzioni della procura convinto di aver sempre agito correttamente.

Tutto ha inizio – secondo l’accusa – il 28 marzo 2020. In quella data la Juve diffonde un comunicato nel quale spiega di aver tagliato quattro mensilità, in accordo con i tesserati, che permetteranno di risparmiare 90 milioni di euro. Ma la procura è convinta che un “accordo raggiunto” nella stessa data con i calciatori e “non reso pubblico”, ovvero una scrittura privata sottoscritta da Andrea Agnelli e Giorgio Chiellini, “prevedeva la rinuncia ad una sola mensilità”. Il recupero delle altre tre mensilità sarebbe stato solo differito alle annualità successive ed era “certo e incondizionato” a “prescindere dalla ripresa dell’attività calcistica e dal trasferimento” del calciatore in un’altra squadra “con conseguenti effetti economici” per “soli 22 milioni”. Una differenza di circa 68 milioni attorno alla quale nasce e si sviluppa l’intera inchiesta sui bianconeri, insieme alle plusvalenze per oltre 115 milioni di euro ritenute “artefatte” e “artificiali”.

L’anno successivo, i vertici del club avrebbe ideato una nuova “manovra stipendi” contestata. In Lega Serie A erano stati depositati regolari contratti (loyalty bonus) che prevedevano la riduzione dello stipendio nel periodo marzo-giugno 2021 e la “contestuale integrazione” se il calciatore fosse rimasto nel club “a una certa data”. Ma durante la perquisizione sarebbero poi saltate fuori quelle scritture private che garantivano il “pagamento incondizionato” sotto forma di “incentivo all’esodo” con “ripercussioni” sul bilancio approvato il 29 ottobre dello scorso anno per un importo stimato di 27,5 milioni di euro. La condizione della permanenza a una determinata data si è quindi rivelata, scrivono i magistrati, “fittizia e artefatta”.

Le scritture private integrative, rimarcano i pubblici ministeri, rappresentano documenti “mai resi pubblici”. Anche di fronte all’autorità pubblica di vigilanza sulle società quotate in Borsa. Quando il 14 aprile 2022 la Consob ha richiesto dettagliatamente natura e impatto degli accordi sul conto economico, la Juventus – in una memoria firmata da Gabasio e del Chief financial officer Stefano Cerrato e inviata tredici giorni dopo – ha risposto spiegando di non aver “sottoscritto/assunto impegni per una successiva integrazione dei compensi ridotti” nel 2020/21. E di aver avviato contestualmente con i legali dei calciatori “la negoziazione di possibili futuri accordi individuali relativi alla retribuzione variabile (loyalty bonus)”.

Per la procura in questa maniera la Juve avrebbe “omesso” ogni “riferimento alla sottoscrizione” tra aprile e maggio 2021 da parte di Fabio Paratici, per conto della società, di “plurime scritture private (lettera di accompagnamento, “accordo premio integrativo”, “scrittura integrativa)” con “16 calciatori tesserati e contenenti obblighi incondizionati di pagamento degli stipendi oggetto di ‘rinuncia/riduzione’ anche in caso di tesseramento del calciatore a favore di club terzo” per un importo complessivo stimato dagli inquirenti in 63,6 milioni di euro. Sul tema, negli scorsi mesi, sono stati molteplici i calciatori bianconeri ascoltati in procura, da Paulo Dybala ad Alex Sandro passando per Leonardo Bonucci e Cuadrado.

Le manovre sugli stipendi sono anche finite tra i rilievi di criticità di Deloitte, perché il posticipo del pagamento di prestazioni già rese, ad avviso del revisore dei conti al primo anno di incarico dopo Ernst&Young, avrebbe dovuto prevedere l’iscrizione a bilancio di una correlata passività. Una ricostruzione che la Juve contesta. I bianconeri hanno insomma ingaggiato un soli contro tutti – pm, Consob, società di revisione – convinti di aver “operato nel rispetto delle leggi e delle norme”. Il prossimo mese che porterà all’assemblea degli azionisti e al prossimo passo dell’indagine, con la decisione di procedere alla richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione, inizierà a far comprendere se l’attuale dirigenza guidata da Andrea Agnelli ha ragione o meno.

Twitter: @andtundo

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