Tra uomini e donne, sono 17 i praticanti di bob in tutta Italia, 13 di skeleton e 23 di slittino. È dedicato a loro il progetto della pista da 85 milioni di euro che il presidente della Regione Veneto Luca Zaia e il presidente del Coni Giovanni Malagò vogliono costruire a Cortina per le Olimpiadi invernali del 2026, a dispetto delle contestazioni di cittadini e associazioni ambientaliste, dei ritardi di realizzazione e dell’aumento dei prezzi delle materie prime. Ma ne vale la pena? Mentre si pensa al mega-impianto a cinque cerchi, dai costi impensabili, che potranno mettere in ginocchio il bilancio del Comune di Cortina, nel solo Bellunese ci sono 739 atleti che rischiano di cessare l’attività sportiva, o già lo hanno fatto, per il caro-energia. Se calcoliamo tutto il Veneto arriviamo a 1.212 atleti, regolarmente tesserati, ma il numero di chi frequenta le piste per pattinare o giocare a hockey in realtà è molto superiore.

CHIUDONO GLI IMPIANTI – A Tai di Cadore i sindaci della zona hanno manifestato davanti al palaghiaccio. Non contestano la pista da bob, anzi non l’hanno nemmeno citata, anche se sarebbe stato piuttosto facile farlo, visto che la protesta e il progetto sono legati. Sono due facce della stessa medaglia. Per lo sport di base i soldi non ci sono, per un’élite di pochissimi bobbisti e una disciplina che ha pochissimo seguito in Italia, si sono trovati 85 milioni di euro, ammesso che bastino. A Tai c’erano anche rappresentanti della Federazione Sport del Ghiaccio, associazioni sportive locali, genitori e 200 giovani atleti. Tutti preoccupatissimi perché i bilanci scoppiano, i costi si sono moltiplicati di 5-6 volte e non ci sono le condizioni per tenere aperte le strutture. Se Cortina per il momento resiste, gli impianti di Tai di Cadore e di Alleghe hanno già annunciato il fermo. Feltre forse ce la farà, ma solo fino a fine anno. Padova e Asiago continuano, ma la prima è una struttura da città, la seconda ha optato da tempo per il fotovoltaico.

#NONLASCIATECIMORIRE – “Noi siamo il futuro”. “Non spegneteci il futuro”. “Ci preoccupiamo di ciò che un bambino diventerà domani, ma ci dimentichiamo che lui è qualcuno oggi”. Questo sono alcuni degli striscioni della manifestazione di Tai, con rimando all’hashtag #Nonlasciatecimorire. Perché è questo che sta accadendo. Niente campionati, allenamenti, lezioni ai ragazzini. Nadia Bortot, consigliera nazionale della Fisg, ha detto: “La politica deve prendere in mano la situazione, metta al centro i giovani e il loro futuro”. Per il momento la politica regionale e nazionale nel Bellunese ha messo al centro una pista da bob per pochi intimi. Appelli da remoto sono venuti da due giovani medaglie olimpiche a Pechino, Francesca Lollobrigida e Davide Ghiotto: “Non priviamo questi ragazzi dello sport”. I sindaci cercano sponsor, ma di questi tempi non è facile trovarne.

I NUMERI DEL VENETO – In Veneto sono 1.212 gli atleti affiliati alla Federazione Italiana Sport del Ghiaccio che rischiano di restare senza impianti. I bobbisti (della Fisi) sono solo 3, tutti cortinesi. Nel Bellunese lo sport del ghiaccio è molto di più di un gioco, è socializzazione, aggregazione, segno di identità. Nelle attività sono coinvolti anche 224 dirigenti o accompagnatori e 80 tecnici. In Veneto gli impianti si trovano a Feltre, Cortina, Tai di Cadore, Alleghe, Zoldo, Asiago, Padova e Boscochiesanuova. Questi gli iscritti Fisg: nel Bellunese 12 società con 739 atleti, ad Asiago (Vi) 7 società con 270 atleti, a Bosco Chiesanuova (Vr) 2 società con 56 atleti, a Padova 2 società con 147 atleti. Ma il numero dei frequentanti amatoriali è molto superiore.

“PER IL BOB, DEFICIT DI UN MILIONE ALL’ANNO” – Quanti impianti si finanzierebbero, e per quanti anni, con i soldi del bob a Cortina? La domanda è automatica mentre Infrastrutture Milano-Cortina 2026 deve affrontare il problema del vincolo culturale posto dalla Sovrintendenza alla vecchia pista “Eugenio Monti”, che dovrà essere salvaguardata con un apposito progetto prima di demolirne una parte. La gestione, dopo il 2026, potrebbe essere drammatica per il Comune. Già era previsto un passivo di 400mila euro all’anno, tanto che la Regione ha sottoscritto (su richiesta del Cio) una fidejussione di 8 milioni di euro, a copertura dei deficit per i prossimi vent’anni. Silverio Lacedelli, ambientalista cortinese, esponente di Wwf e dell’associazione “Terre del Piave”, ha fatto due calcoli, citando la relazione “Alternative di progetto”, fatta elaborare nel 2021 dalla Regione. “Per la refrigerazione della pista, nell’arco di quattro mesi, servono 1.544.424 kilowattora. Al prezzo di allora, 0,24 euro/Kwh, il totale era di 370.661 euro all’anno. Secondo altri parametri, però, si può arrivare a 2 milioni Kwh, con una spesa di 489 mila euro”. E oggi con i rincari? “Il costo è triplicato, passando a 0,66 euro Kwh: nel primo caso si arriva a superare un milione di euro all’anno, nel secondo 1,3 milioni di euro. E così il deficit annuale passerebbe da 400 mila euro a oltre un milione di euro”. È lo stesso passivo della pista di Cesano Torinese, costruita per le Olimpiadi Torino 2006 e chiusa dopo qualche anno perché troppo costosa. Una cattedrale nel deserto.

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