Il Pd dovrà dotarsi di un nuovo segretario, o segretaria. E’ la decima volta, la quinta elezione tramite le primarie (dopo Walter Veltroni, Pierluigi Bersani, Matteo Renzi, Nicola Zingaretti) visto che gli altri sono stati segretari di emergenza o transizione Il che la dice lunga sulla condizione malaticcia di questo partito. Per molti si tratta di una elezione rigenerativa, forse dell’ultima occasione per tenere in piedi un partito che in molti (vedi appello di Rosy Bindi e Gad Lerner) consigliano di sciogliere per fondarne un nuovo o che almeno sia destinato a cambiare nome e simbolo. Intanto impazza il toto-nomine sul segretario o segretaria che verrà. Gioco inevitabile quando si sceglie una leadership così importante e per giunta tramite il metodo delle primarie. A questo gioco vogliamo invitarvi a partecipare indicando la vostra preferenza per la futura segreteria. Abbiamo racchiuso i nomi che già circolano aggiungendone di nuovi, alcuni veri outsider.

Sicuramente va considerata l’autocandidatura di Paola De Micheli, lungo curriculum, come ha detto lei stessa in una intervista, soprattutto all’interno del partito e delle istituzioni dove la sua carriera politica l’ha posizionata. E certamente va considerato Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia-Romagna, volto apprezzato dall’area riformista e moderata del partito (è un ex renziano) anche se nelle prime uscite cerca di piacere a tutti. Ma c’è anche la candidatura di Elly Schlein, che di Bonaccini è vice in Regione (competizione paradossale) e che rappresenta l’anima movimentista, giovanile già protagonista di una lista “Coraggiosa” che ha permesso allo stesso Bonaccini, insieme al movimento delle Sardine, di vincere le regionali contro la Lega di Matteo Salvini. Altro candidato possibile è Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, anch’egli cresciuto nel partito renziano ma con una forte autonomia e una capacità di rappresentare quel partito degli enti locali e dei territori che costituisce ancora una risorsa importante. La candidatura di Ricci potrebbe sovrapporsi, se l’interessato decidesse di buttarsi in gioco, con quella di Dario Nardella, sindaco di Firenze, la voce ex renziana più riconoscibile nel Pd e che è già al secondo mandato, quindi per lui il futuro è aperto a varie ipotesi.

L’area più a sinistra del partito potrebbe non riconoscersi in Schleyn, sempre che lei sia candidata, e in quel mondo la figura più accreditata di una corsa alla segreteria è Andrea Orlando, lunga carriera di partito, già ministro della giustizia e del Lavoro, buoni rapporti con il sindacato, formazione comunista e comunque ormai accreditato nelle istituzioni.
Tra i possibili outsider, uno è Giuseppe Sala, sindaco di Milano, politicamente inquieto, capace di fare endorsement per i Verdi, Calenda e Pd allo stesso tempo, che si presenta con il volto dei riformismo moderno. Una candidatura che all’interno del Pd non verrà mai fatta pur essendo stato citato per il suo studio sul marcio nel partito romano dopo la vicenda di Ignazio Marino, è Fabrizio Barca. Economista, carriera da civil servant in Banca d’Italia e al Tesoro, ministro nel governo Monti oggi fa parte del Forum Diseguaglianze e Diversità che ha avuto diverse interlocuzioni con il Pd senza però essere mai veramente un interlocutore privilegiato.

(a cura di Salvatore Cannavò)

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