Un articolo pubblicato su questa testata evidenzia che il tema ambientale è pressoché assente dai discorsi dei politici in campagna elettorale. Credo che chi abbia un minimo, ma dico un minimo di sensibilità ambientale, questa assenza risulti sconcertante. Ricordo bene quando negli anni Ottanta, inizio Novanta, nel mondo politico il tema era ben presente: fu istituito il ministero dell’Ambiente; fu creato il Consiglio nazionale per l’ambiente cui partecipavano le associazioni ambientaliste, che venivano riconosciute; furono promulgate leggi importanti in campo ambientale e anche la fondamentale “legge Ceruti” sulle aree protette, nazionali e regionali.

Erano anni in cui la salute della nostra terra era molto migliore di quella attuale. Eppure oggi, con la siccità, con le bombe d’acqua come quella delle Marche, con l’estate uguale a quella del 2003, con il consumo di suolo che avanza a due metri quadrati al secondo, questi qua (non so come definirli) parlano di tutto meno che di ambiente. Qualcuno potrebbe obiettare che non è vero, si preoccupano del clima sostenendo la transizione energetica. Fuffa, la transizione energetica non deriva dalla preoccupazione per la Terra che lasceremo a figli e nipoti, è solo il nuovo grande business del capitalismo, che tra l’altro procura relativi vantaggi qui (relativi perché pannelli, soprattutto, ma anche pale consumano suolo) e danni immani ad altri paesi, dove le materie prime vengono estratte, basti leggere La guerra dei metalli rari di Guillaume Pitron: è solo un nuovo colonialismo.

E i bonus fiscali in edilizia (che hanno spinto il Pil) a ben vedere sono l’ennesimo regalo all’Ance. Che ringrazia per questo e per le nuove e devastanti linee ad alta velocità ferroviaria previste dal vecchio governo dell’ammucchiata. Una classe politica inguardabile completamente staccata dalla terra su cui cammina e che gli dà da mangiare e da bere. Ma, tornando a prima: è forse vero che 30-40 anni addietro avevamo una classe politica più sensibile di oggi alle tematiche ambientali? No, non credo sia così. In quegli anni il problema del lavoro, delle disparità sociali, della povertà non erano sentiti come oggi e “ci si poteva permettere” di pensare anche all’ambiente. Oggi che la crisi è molto più evidente invece si crede di poter fare a meno della salubrità ambientale e territoriale. Stupido, lo so, ma giurerei che è così.

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