Due Commissioni parlamentari d’inchiesta si sono occupate del disastro del Moby Prince per cercare di capire cosa accadde nella rada di Livorno la sera del 10 aprile 1991, quando il traghetto passeggeri della Navarma, dopo pochi minuti di navigazione, entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo: 140 persone morte fra passeggeri ed equipaggio, la più grande tragedia della marineria italiana rimasta fino ad oggi senza una spiegazione: i due processi svolti negli anni Novanta avevano ricondotto le cause della tragedia a un banco di nebbia che avrebbe avvolto la petroliera. E bene hanno fatto le associazioni dei familiari delle vittime a non rassegnarsi, in tutti questi anni.

Nel 2005, per le Edizioni Paoline, scrissi un libro-inchiesta sul caso, Moby Prince, un caso ancora aperto, frutto di anni di lettura sistematica di tutti gli atti, documenti, verbali di interrogatorio e testimonianze prodotte nel corso dell’inchiesta. Occorreva far parlare le carte: e le carte, già allora, dicevano tutto. Scoprire che quanto scrissi allora viene ora pienamente confermato, a distanza di quasi vent’anni, da ben due Commissioni Parlamentari di inchiesta (l’ultima, presieduta dall’on. Romano, ha presentato la Relazione finale proprio ieri) è significativo. Il “copia e incolla” praticato nel corso degli anni da consulenti e scriba non ha alterato quanto emerso nel 2005 ed ora confermato dalla commissione parlamentare: non c’era alcuna nebbia nel porto di Livorno quella sera, nessun problema di navigazione a bordo del traghetto condotto in modo ineccepibile dal comandante Ugo Chessa. E allora, cosa accadde?

Dalla lettura di atti e testimonianze, nel 2005 anticipavo quanto ora ufficialmente definito dalla Commissione d’inchiesta: la petroliera Agip Abruzzo, ancorata in un punto vietato, aveva la prua rivolta a sud. Questo significa che la fiancata destra della petroliera, quella dove si infila la prua del traghetto, era rivolta verso il mare aperto. E questo a sua volta significa che il traghetto entra in collisione non in uscita, ma mentre opera un’improvvisa e non prevista manovra di rientro verso il porto. Per quale ragione? Cosa aveva costretto il traghetto, diretto verso Olbia, a cambiare improvvisamente rotta?

Nel libro ricordo che quella sera il porto di Livorno, più che uno scalo civile, sembrava una base militare, perché erano presenti numerose navi militarizzate cariche di armi di proprietà del governo Usa; un ufficiale della Guardia di Finanza, uscito fra i primi per prestare soccorso, testimonia al processo di aver visto una nave che imbarcava armi; nel porto di Livorno quella sera era presente la 21 Oktobar II della flotta Shifco, implicata in traffico d’armi (la sua presenza è confermata dalla commissione d’inchiesta): ufficialmente era in porto per riparazioni, ma proprio la sera del 10 aprile effettua il pieno di carburante…

L’importante relazione tecnica svolta dalla società di consulenza marittima CETENA Spa per conto della Commissione ha stabilito che il traghetto ha dovuto cambiare rotta proprio a causa di un ostacolo durante la navigazione in uscita dal porto. Quale ostacolo? Quale tipo di operazione era in corso? Cosa ha materialmente provocato la collisione?

Dicevamo della nebbia. E’ sparita dalle ricostruzioni ufficiali finalmente, ma permane uno strato indelebile. Si tratta dei tracciati radar e satellitari, gli unici in grado di svelare quanto accadde quella sera a Livorno. L’on. Romano in conferenza stampa ha detto di avere chiesto immagini satellitari dell’ex Unione Sovietica al governo russo, ricevendo una risposta a suo dire poco convincente (“non disponiamo di immagini satellitari di Livorno del 10 aprile 1991”).

Considerando che al porto di Livorno è collegata la più importante base militare Usa del Mediterraneo (Camp Darby); ricordando che quella sera il porto livornese era pieno di navi cariche di materiale bellico di proprietà del governo statunitense; e ritenendo quindi che il sistema di monitoraggio militare Usa avesse più di un motivo per controllare la situazione in rada, sarebbe utile se identica domanda venisse rivolta alle autorità Usa. Fra alleati, sarebbe carino collaborare su un tema così delicato…

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