La sua presenza fa ancora paura e non smette di far gridare “al lupo, al lupo“. Questa volta è il comune di Uscio, nella provincia di Genova, a lanciare l’allarme tramite la voce del sindaco Giuseppe Garbarino. Nella frazione di Colle Caprile un allevatore ha ritrovato otto delle sue nove pecore sbranate probabilmente da dei lupi. Nelle parole del primo cittadino alle testate locali c’è forte preoccupazione perché il gregge era a soli 150 metri dalle case. Un allarme che però, a detta degli studiosi di lupi, è alquanto infondato. “Il lupo non è affatto una specie pericolosa per l’uomo, in 150 anni non si registrano attacchi di lupo in Italia – spiega Simone Rutella, membro dell’Osservatorio Wwf Lupi Genova e responsabile di Fototrappolaggio Liguria – nonostante la sua adattabilità a vivere in contesti antropizzati, il lupo è una specie elusiva che cerca in tutti i modi di non farsi vedere dalle persone, ecco perché incutere paura e fare disinformazione, facendo sottintendere un pericolo perché vicino alle case, è ingiusto”. E come dimostrano le fototrappole che Rutella assieme agli altri volontari dell’Osservatorio Lupi Genova ha disposto tra le montagne e le colline della zona, “il lupo ormai è sempre più notturno, proprio per evitare il contatto con l’uomo”.

Tuttavia è altrettanto chiaro che il lupo sia un animale carnivoro, pertanto, “se vede un pascolo libero non perde l’occasione di ottenere del cibo facile”, spiega sempre Rutella a Ilfattoquotidiano.it, “se vogliamo convivere con il lupo è necessario che gli allevatori si dotino di sistemi adeguati di protezione”. Infatti, la convivenza con gli allevatori è possibile: “Posso citare l’agriturismo Pensa che si trova a Torriglia, sempre in provincia di Genova. L’allevatore utilizzando cani da guardiania e recinzioni elettrificate non ha finora subito alcuna predazione dei suoi animali, nonostante l’azienda sia circondata da lupi, con branchi da quattro o sei individui – dice Rutella – I sistemi di protezione funzionano, un allevatore come provvede a dare da mangiare ai suoi animali, oggi sa che deve occuparsi anche della loro sicurezza”. Un altro avvertimento di Rutella è che “i lupi non entrino in contatto con fonti alimentari di origine umana”. Vale a dire che “dalle stalle alle abitazioni si deve prestare attenzione che non ci siano di facile accesso né rifiuti organici né cibo per animali”.

Ma in caso di attacchi al proprio bestiame, che cosa può fare un allevatore? “In caso di predazione da parte di lupo bisogna contattare entro ventiquattr’ore l’Asl competente per il territorio o il personale di vigilanza preposto (a seconda della zona, carabiniere forestale, guardaparco…). Questi sono gli unici abilitati a certificare la responsabilità del lupo o di un altro predatore. Gli stessi comunicheranno l’esito della constatazione agli uffici preposti dell’Amministrazione regionale e ovviamente anche al diretto interessato. A quel punto l’iter continua, ed è una bella Odissea, con la compilazione di diversi moduli – spiega Luca Caviglia, lupologo dell’Università di Pavia – Non dobbiamo lasciare soli gli allevatori e non posso non confessare che ad oggi l’iter per l’indennizzo mostra diverse complicazioni: è necessario da subito renderlo più snello ed efficace”.

Ma al di là delle difficoltà burocratiche quello che occorre ribadire è che il lupo sulle nostre alture è una grande ricchezza per il corretto funzionamento degli ecosistemi, essendo una specie al vertice della catena alimentare. “Dopo aver rischiato l’estinzione negli anni Settanta, quando si contavano poco più di 100 individui nelle vallate più selvagge dell’Appennino, oggi il lupo, specie protetta ai sensi della legge 157/92 e della Direttiva Comunitaria Habitat, è tornato ad essere Comune in tutta Italia – dice ancora Caviglia a Ilfattoquotidiano.it – si deve lavorare per la strada della convivenza senza fare allarmismi che lascino trasparire discorsi di abbattimenti”. Il ricercatore sui numeri chiarisce: “In tutta la penisola si stimano circa 3300 lupi (forbice compresa tra 2945 – 3608). Di questi circa 1000 sarebbero sulle Alpi (stima di 946 individui). In Liguria si registrano perlopiù branchi transregionali, ma ovviamente non mancano anche casi di branchi il cui territorio ricade interamente in regione”.

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