Nella relazione inviata dal Parlamento al governo per chiedere il via libera a ricorrere all’indebitamento per finanziare il (più volte rinviato) decreto Aiuti ter “mancano informazioni rilevanti sul quadro macroeconomico e di finanza pubblica dell’anno in corso e dei successivi”, per cui “al momento non è possibile fornire una valutazione puntuale dei saldi di finanza pubblica“. Il rimprovero a Palazzo Chigi è nero su bianco nella memoria inviata alla commissione Bilancio del Senato dall‘Ufficio parlamentare di bilancio, che ha esaminato il documento presentato dal presidente del Consiglio Mario Draghi e appena approvato dall’Aula con 214 voti a favore. L’organismo che deve verificare le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica è costretto ad avvertire che “per l’analisi completa delle revisioni dei saldi di finanza pubblica a legislazione vigente e dell’impatto dell’utilizzo di eventuali margini di bilancio (…) si ritiene indispensabile che le future Relazioni al Parlamento contengano un aggiornamento completo del quadro macroeconomico e di finanza pubblica”.

Un passo indietro. Da quando, nel 2012, il pareggio di bilancio è stato inserito nella Costituzione, ogni scostamento da quell’obiettivo deve essere autorizzato dalle Camere dopo aver sentito la Commissione europea. Il governo deve appunto preparare una relazione in cui spiega le finalità dello “sgarro” e aggiorna gli obiettivi di finanza pubblica. In questo caso l’esecutivo uscente spiega che “nei primi otto mesi del 2022, nonostante l’evolversi della situazione internazionale, è emerso un sostanziale miglioramento del Quadro tendenziale di finanza pubblica” per cui, rispetto alla relazione presentata il 26 luglio in vista del decreto Aiuti bis, “l’indebitamento risulterebbe inferiore di circa 6,2 miliardi di euro, interamente dovuto alle maggiori entrate” tributarie e contributive. Uno “spazio fiscale” che intende “destinare alla copertura di misure a ulteriore sostegno di famiglie e imprese colpite dagli aumenti dei prezzi, in particolare di energia e gas“.

Visto che il “tesoretto” deriva da entrate maggiori rispetto alle stime, il governo ritiene che i saldi dei conti pubblici non peggioreranno, ma deve comunque presentare il documento. In cui anticipa che per finanziare il prossimo provvedimento integrerà i 6,2 miliardi con altre risorse “da reperire attraverso ulteriori interventi, tra cui quelli di razionalizzazione degli stanziamenti del bilancio dello Stato, nonché quelli perequativi correlati ai maggiori profitti realizzati sul prezzo di vendita dell’elettricità prodotta mediante utilizzo di fonti rinnovabili”.

L’Upb ritiene che il riferimento agli eventi eccezionali che motiva la richiesta del governo sia “coerente con l’ordinamento della Ue” e concorda sul fatto che le informazioni disponibili continuano a indicare un miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Ma non basta, perché rispetto alla fine di luglio altre cose sono cambiate: “La conferma della previsione di crescita del Pil 2022 appare ragionevole allo stato delle informazioni disponibili al momento; tuttavia, sono decisamente peggiorate le attese sulla crescita economica del prossimo anno”. Sul lato della spesa, quella per interessi “risulta più consistente, in particolare per gli effetti sui titoli indicizzati all’inflazione della crescita dei prezzi”. Per il triennio 2023-2025, poi, “eventuali rischi, dei quali la Relazione non fa cenno, emergono con riferimento sia alla persistenza del maggiore gettito rilevato nel 2022 sia alla dinamica di alcune spese primarie quali, per esempio, la spesa pensionistica che è indicizzata al tasso di inflazione, e della spesa per interessi”.

Non mancano peraltro altri “elementi di incertezza” non indifferenti: dalla “eventuale accelerazione nella seconda parte dell’anno dei costi effettivi dei bonus edilizi” alla necessità di “assicurare che siano superate le criticità connesse con l’effettiva riscossione del contributo straordinario sugli extraprofitti delle imprese del comparto energetico: il gettito della prima rata è risultato ampiamente inferiore alle attese e diversi sono i contenziosi presentati dalle imprese”, ma quel gettito secondo il governo “dovrebbe in parte finanziare i nuovi interventi che il governo intende adottare con urgenza”.

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