Miglior palleggiatore del mondiale maschile di pallavolo e miglior giocatore in assoluto. Simone Giannelli, il capitano della Nazionale italiana, porta a casa da Katowice la medaglia d’oro e i due premi individuali al termine della finale vinta 3-1 contro i campioni uscenti della Polonia. Premi meritati per un 26enne che ha esordito in azzurro a 19 anni e ha conquistato sul campo i gradi. È lui il termometro dell’andamento di questa squadra in cui, considerata l’età media di 24 anni, il palleggiatore bolzanino risulta un veterano. Serve al meglio i palloni ai propri compagni, dosandoli a seconda della fase che stanno vivendo. Trova in Daniele Lavia, 23 anni, un riferimento costante in attacco: con i 19 punti realizzati forse avrebbe meritato uno dei premi individuali destinati ai migliori schiacciatori e finiti al brasiliano Leal e al polacco Kamil Semeniuk. Poi Giannelli si affida all’opposto mancino Yuri Romanò quando la palla scotta: tredici punti per lui e tanti punti di domanda a sottolineare il mistero di un giocatore approdato soltanto lo scorso anno, a 24 anni, in Superlega e titolare soltanto otto volte su 19 partite col suo ex club, la Powervolley Milano. Infine il capitano alza al ventenne Alessandro Michieletto (14 punti) quando entra in partita. Nel complesso, sfrutta poco i centrali Gianluca Galassi, Simone Anzani (il più “anziano”, con i suoi trent’anni) e Roberto Russo, 17 palloni in tre nella sfida per l’oro. Ma soprattutto il capitano tira fuori il suo passato da schiacciatore a livello giovanile e attacca appena può, sorprendendo e sparigliando muri e difese polacche: undici i tentativi, cinque quelli andati a punto, a cui aggiunge due ace.

Guardandolo sorprende la calma serafica di chi si sente sicuro, in grado di gestire la partita e amministrare il risultato: il sorriso sulle labbra quando serve, le esultanze testa contro testa coi compagni per trasmettere grinta, la spavalderia nell’affrontare squadre più esperte e blasonate come Francia e Polonia, la serenità di chi si lascia scivolare addosso le provocazioni (come quella lieve di Tomasz Fornal dopo il muro del 5 pari nel quarto set, con l’Italia in avanti per 2-1) e non incede troppo nelle proteste. “L’anno scorso dopo la vittoria dell’Europeo ho pianto. Oggi mi viene da ridere tantissimo, ce la siamo goduta. Questa finale è stata tosta, estenuante, ma ci divertiamo un sacco”, ha detto nel post partita. Alla sua seconda stagione alla Sir Safety Susa Perugia, Giannelli è cresciuto nel meraviglioso vivaio dell’Itas Trentino Volley che ha formato anche Michieletto, emerso nel corso dell’Olimpiade di Tokyo e poi degli Europei 2021. Un fenomeno, Michieletto, che però nel primo set non sembrava quello di dodici mesi fa, poco efficace in attacco (un punto su cinque attacchi), in difesa e ricezione.

Nella prima frazione l’Italia conduce fino al 22esimo punto, poi si fa prendere e superare dalla Polonia che inizia il secondo con grande scioltezza. Il match sembra svoltare quando Ferdinando De Giorgi chiama un time out e, in una frazione di quei trenta secondi, si rivolge al giovane schiacciatore ricordandogli i colpi di cui è capace. L’Italia comincia a giocare con più sicurezza e varietà, batte forte mettendo in difficoltà la ricezione avversaria e concede poco in fase di muro e di difesa col risultato di fiaccare i polacchi, che sbagliano di più. Nikola Grbic, che 24 anni fa con la Jugoslavia ha perso la finale mondiale di Osaka contro l’Italia in cui giocava De Giorgi, prova a cambiare la formazione sfruttando riserve di altissimo livello come Lukasz Kaczmarek e Fornal, ma può poco: la partita prosegue a strappi, con gli azzurri che sanno accumulare punti di vantaggio e gestirli meglio di quanto fatto alla fine del primo set.

“Sapete cosa dovete fare e soprattutto senza fretta. Questo è un set in cui bisogna pensare una palla alla volta”, sono le poche parole dette da De Giorgi nel time out da lui chiamato al quarto set, con l’Italia in vantaggio di tre punti e una Polonia che si rifà sotto. Di lì in poi, per i padroni di casa non resta niente da fare. L’Italia si aggiudica il set, la partita, il mondiale. Nell’arco di un anno la formazione rivoluzionata da De Giorgi si è aggiudicata – contro tutte le aspettative – le due competizioni più importanti a cui ha preso parte, ponendo le basi di un nuovo ciclo come toccò a lui e ai suoi compagni di squadra della “generazione di fenomeni” dal 1989, con la vittoria di titolo continentale seguito dal mondiale del 1990, sotto la direzione di Julio Velasco. “La crescita di questo gruppo è stata speciale – ha detto De Giorgi con la medaglia al collo – Spero che questi ragazzi rimangano sempre così e continuino ad avere voglia di fare del loro meglio e di non accontentarsi mai”.

Una nuova generazione di fenomeni, come quella che vinse quasi tutto e tre mondiali di fila negli anni Novanta? I protagonisti di quella stagione ne sarebbero contenti: “Noi non siamo più nulla e ora torniamo nel nostro sarcofago – ha detto al termine della telecronaca Rai Andrea Lucchetta, capitano dei primi successi azzurri – perché i ragazzi di Ferdinando De Giorgi e di Simone Giannelli sono il nostro futuro”. Questa nazionale non guarda al passato con nostalgia, ma al domani. Il prossimo obiettivo, inutile dirlo, saranno le Olimpiadi 2024 a Parigi, alla ricerca di quell’oro che ancora manca al palmares della Federazione italiana di pallavolo. “Ho sbagliato qualcosa nella programmazione, stiamo andando troppo veloci – ironizza l’allenatore – Hanno avuto una breve esperienza di sconfitta (alla Volleyball nations league a Bologna, ndr) e sono stati bravi a farla diventare oro. Questa è una grandissima prova”. Prima di Parigi, però, ci saranno gli Europei 2023 in Italia, dove potrebbero far capolino nuovi giocatori, ancora più giovani. Molti giovanissimi scalpitano, cercando di farsi spazio nei club. Il settore giovanile maschile, sotto la guida di un direttore tecnico chiamato Julio Velasco, lo scorso anno si è aggiudicato il mondiale Under 21 a Sassari e a luglio si è arricchito degli ori continentali dell’Under 22 e dell’Under 18. Chissà che da quel vivaio azzurro De Giorgi non peschi qualche altro fenomeno a cui i club non concedono occasioni.