Oggi c’è chi celebra la nascita della televisione e chi vorrebbe (o avrebbe voluto) celebrarne la morte. Di certo, l’influenza di questa tecnologia sul nostro modo di vivere e di “inquadrare” il mondo si è estesa fino a interessare pressoché tutta la popolazione del globo. C’è stata senza dubbio un’evoluzione di questo medium ma senza strumenti critici è difficile percepirne la portata. Dunque, per meglio celebrare questo “compleanno” vorrei consigliare la lettura di due o tre libri fondamentali per comprendere che cosa è cambiato da quando Philo Farnsworth, il 7 settembre del 1927, concepì il primo apparecchio televisivo.

Il primo è “La vita dopo la televisione”, di George Gilder, futurologo americano che nel 1990 previde che dei “tele computer”, collegati con cavi a fibre ottiche, avrebbero presto decretato la morte della tv in broadcasting. La sua convinzione si fondava sulle prospettive che a quell’epoca Internet sembrava già aprire. Oggi a distanza di trent’anni possiamo dire che non solo non si è verificata una sola delle previsioni con cui preannunciava l’avvento della “tv interattiva”, ma nemmeno la stessa interattività in senso lato si è mai realizzata. Perché, per essere, tale dovrebbe avvenire in tempo reale e offrire all’utente la possibilità di intervenire sui contenuti trasmessi modificandoli direttamente.

In Italia se ne parlò parecchio all’epoca della Stream, esperimento nato in ambito STET e fallito in poco tempo perché si scoprì solo qualche tempo dopo che mancava ancora la tecnologia: si vagheggiò della possibilità di avere “menu interattivi” sullo schermo televisivo ma tutto questo non si realizzò mai. Probabilmente, in ambito STET, la tv avveniristica della Stream aveva ancora come presupposti progettuali l’esperienza del televideo con i suoi menu gerarchici e le “pagine gialle elettroniche”, ma i menu interattivi arrivarono diverso tempo dopo e solo col web. Curioso lo slogan adottato da Stream: “La Teleindipendenza”. Come a voler significare che era nata una tv che ci avrebbe liberati della dipendenza dalla tv. Nel luglio del 2003, il progetto si dissolse confluendo in Sky. La tv monodirezionale aveva vinto su quella interattiva fagocitandola.

Ma c’è un libro sicuramente più importante di quello di Gilder, e risale alla fine degli anni 70. Si tratta di “Quattro argomenti per eliminare la televisione” di Jerry Mander. Una via di mezzo tra un saggio ben documentato e un pamphlet. Uno degli aspetti più interessanti e originali del libro è l’esame degli effetti fisiologici della visione della televisione. Mander osserva che molte persone siedono davanti al televisore per diverse ore al giorno, relativamente immobili, spesso in stanze buie, guardando la sua luce. In realtà, dice, non guardiamo tanto la luce quanto la luce che ci viene proiettata addosso. La luce del televisore non è nemmeno la stessa della luce naturale. Quando guardiamo la tv, il nostro cervello è impegnato ad assemblare le sue immagini frammentate, che ci arrivano come linee scansionate da fasci di elettroni o, più recentemente, da pixel.

Per questo motivo gli studi hanno dimostrato che l’attività delle onde cerebrali durante la visione della tv si conforma a un unico schema caratteristico, indipendentemente dal tipo di programma trasmesso. Come sostiene un esperto citato nel libro, siamo costantemente “a caccia” delle immagini sullo schermo. Altrove si afferma che guardare la televisione induce uno stato di trance simile a quello di un uccello che osserva un serpente. C’è poi una “qualità liquida” nella televisione: essa “versa” le immagini dentro di noi e il loro flusso continuo impedisce la riflessione, le idee, e incoraggia la passività.

Mander con la sua ricerca intorno alla fisiologia della visione televisiva non è arrivato ad occuparsi degli smartphone e dei computer. Ma ha intuito che ciò che percepiamo guardando i nostri schermi è una finestra ristretta sul mondo, una realtà artificiale che esclude un livello di coinvolgimento con l’ambiente che, fino a poco tempo fa, avevamo dato per scontato. Questo spiega, secondo l’autore, come mai sia così facile ignorare, o almeno non considerare, qualcosa di così importante come il riscaldamento globale, anche se il clima cambia intorno a noi. Il nostro ottimismo deriva dal fatto che non viviamo più nel mondo reale ma nel mondo virtuale creato dai media.

Se non trovate il libro, sintetizzo qui di seguito i quattro argomenti di Mander:

– Se la televisione può sembrare utile, interessante, proficua, allo stesso tempo “inscatola” le persone in una condizione fisica e mentale adatta al controllo da parte del potere.
– Lo sviluppo e l’uso della televisione da parte del potere era inevitabile e doveva essere previsto fin dall’inizio. La tecnologia non permette altri controllori.
– Gli effetti della televisione sui singoli corpi e sulle menti umane sono funzionali agli scopi di coloro che controllano il mezzo.
– La televisione non ha alcun potenziale democratico. È questa stessa tecnologia a stabilire i limiti di ciò che può diffondere scegliendo i propri contenuti entro un campo molto ristretto di possibilità. Quindi, circoscrive totalmente la visione umana all’interno di un canale di comunicazione chiuso (oggi diciamo monodirezionale).

È esattamente quest’ultimo punto l’essenza della televisione. L’utilizzo continuo di schermi come estensioni del nostro cervello ha avuto come conseguenza l’abitudine ormai diffusa a livello globale di inquadrare il mondo “incorniciandolo”, ottenendo una visione limitata di esso, come ha sostenuto anche il mio amico Derrick De Kerckhove nel suo storico saggio “Brainframes” (che consiglio ugualmente, anche se abbastanza difficile da trovare).

A distanza di anni, dunque, non solo la tv non è morta ma è più viva che mai. Il modello televisivo ha vinto su tutto e continua a condizionare anche lo sviluppo dei nuovi media. La parvenza di interattività è un inganno. Di fatto, questi media sono tutti ugualmente monodirezionali. Da YouTube a TikTok, i canali digital non sono nient’altro che minischermi televisivi, nuove forme della tv, e l’uso che ne facciamo è esattamente lo stesso del buon vecchio tubo catodico. L’unica forma di interattività a noi concessa resta solo una scatolina collegata alla rete che si è infilata a casa nostra per registrare le nostre preferenze, i nostri orari, le nostre scelte, a uso di chi detiene il controllo del mezzo di comunicazione, per meglio continuare a proporci nuovi servizi e nuovi consumi. Se a voi va bene così, allora buon compleanno.

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