Esplosione al quartier generale di Russia Unita a Melitopol, città dell’Ucraina sudorientale sotto il controllo russo, a poche ore dall’annuncio dello stesso partito di Putin di un referendum, il 4 novembre, per decidere sull’annessione dei territori ucraini occupati dalla Russia. La proposta era stata resa nota dal segretario del Consiglio generale, Andrei Turchak: “Donetsk, Lugansk e molte altre città russe torneranno finalmente a casa. E il mondo russo, oggi diviso da confini formali, riacquisterà la sua integrità”. La data non è casuale: il 4 novembre la Russia celebra la Giornata dell’Unità Nazionale. Turchak ha fatto riferimento ai territori definendoli come “liberati“. Ma passano poche ore e Ivan Fedorov, sindaco di Melitopol, ha affermato che c’è stata un’esplosione al quartier generale proprio di Russia Unita nella sua città. La notizia è stata riferita dall’Ukrainska Pravda, che ha precisato che l’edificio è stato fatto saltare in aria. Conferma anche l’agenzia russa Tass che cita Vladimir Rogov, presidente del movimento pubblico ‘Siamo insieme alla Russia’ e che accusa gli ucraini del bombardamento.

Il collegamento tra l’annuncio del referendum e l’esplosione sembra essere evidente. L’intenzione di far votare i cittadini sull’annessione era stata confermata anche dal vice capo della regione di Kherson, Kirill Stremoussov, citato dall’agenzia di stampa statale Tass,: “Siamo sicuri che l’80% della popolazione si presenterà al referendum”. L’amministrazione russa aveva inizialmente previsto di tenere il referendum l’11 settembre, in concomitanza con le elezioni regionali in Russia. Tuttavia, la controffensiva ucraina nel sud ha costretto l’amministrazione militare russa a rinviare la consultazione.

Parte da qui un’offensiva al momento tutta politica che Mosca sembra aver scelto per rompere lo stallo un conflitto. Sul terreno infatti Kiev rivendica piccoli avanzamenti – oggi la liberazione di alcuni insediamenti nel sud del Paese – e segnala nuovi bombardamenti russi a Sloviansk, nella regione di Donetsk, dove almeno tre civili sono rimasti sotto le macerie degli edifici colpiti; mentre nelle precedenti 24 ore si erano verificati – stando ai rapporti dell’intelligence britannica – pesanti combattimenti su tre fronti: a nord, vicino a Kharkiv, a est nel Donbass e a sud nell’Oblast di Kherson. In serata poi la segnalazione di un funzionario nominato da Mosca nella Repubblica popolare di Donetsk secondo cui le forze ucraine hanno circondato in una controffensiva a sorpresa Balakljia, città dell’Ucraina nord-orientale di 27.000 persone situata tra Kharkiv e Izium. Il braccio di ferro però – che ha assunto anche un valore altamente simbolico rispetto all’andamento del conflitto – è ancora sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, che Kiev adesso dice di voler spegnere. Un’opzione che sta valutando per motivi di sicurezza. Nello specifico la preoccupazione riguarda le riserve di gasolio utilizzate per i generatori di riserva, mentre continuano le denunce di nuovi bombardamenti russi sulla città di Energodar, dove si trova la centrale nucleare, con gli intervalli tra un attacco e l’altro sempre più corti e la corrente elettrica puntualmente interrotta, secondo il sindaco in esilio Dmytro Orlov citato dall’Ukrainska Pravda. L’esplosione a Melitopol rende ancora più teso il contesto.

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