di Andrea Vivalda

Quando Beppe Grillo disse: “è uno di noi, è un grillino, vuole anche la transizione ecologica”, gli diedi retta e pensai che forse potesse veramente essere il migliore, o l’eletto, come qualcuno lo definiva. Quando ad aprile ’21 presentò il Pnrr italiano facendo il copia-incolla di quello di Giuseppe Conte già pronto a gennaio e mandò avanti il piano di vaccinazione lasciandolo procedere esattamente così come era già stato progettato dal precedente esecutivo, solo cambiando il commissario e il nome “primule” in “hub”, pensai: “beh, si vede che andavano bene, ma può sempre essere il migliore”. Quando fece la gaffe su Erdogan mi dissi: “bah, mmm… vabbè dai, anche i migliori possono sbagliare”. Quando poi la sua ministra Cartabia presentò una legge che portava a lasciare ingiudicati i criminali, mentre il suo ministro Cingolani inginocchiato di fronte a un’esterrefatta Greta Thumberg raccontava di come i mini-reattori nucleari sparsi ovunque potrebbero essere il futuro, cominciai a pensare: “beh, migliore magari sarà, ma che forse sia il migliore dei neo-democristiani?”.

Venne la guerra e si schierò a trainare i più cauti Macron e Scholz al bellicismo esasperato e alle sanzioni più incaute per i loro effetti boomerang sull’Europa, con un’enfasi ben maggiore persino di Blinken a sostegno del Biden che urlava “macellaio” per la guerra salva-America (perché ormai lo sappiamo che lo era e lo è una guerra salva-America). Qui mi dissi: “Sì, forse è il migliore nel suo passato di aderenze a Goldman Sachs, ma sarà davvero ‘passato’ o è un ‘presente’, magari molto intrecciato agli interessi dei fondi americani di rastrellare aziende europee sull’orlo del fallimento per la recessione indotta dalle sanzioni per poi delocalizzarle?”.

Con la guerra e le sanzioni suicide vennero le misure anti suicidio: la tassazione sugli extra-profitti e il decreto “aiuti”; è però notizia di questi giorni che il migliore e i suoi prescelti le hanno “cannate” entrambe. Sì, perché la legge sugli extra-profitti è stata scritta così male che presenta un vizio di incostituzionalità al quale il 90% delle aziende interessate si sono potute appigliare per un ricorso: se il Tar nell’udienza prevista a ottobre rimanderà la questione alla consulta, dovremo aspettare almeno un anno e mezzo i nove miliardi che avrebbero dovuto sostentare famiglie e imprese in autunno. Il decreto “aiuti” invece è stato progettato così male che non ci sono coperture per gli aiuti stessi, come ravvisato dal Senato della Repubblica.

Ed è proprio per queste due notizie che ho potuto finalmente definire il mio pensiero anche sull’ultimo atto del migliore: la fuga. Eh sì, perché mi rimbombavano ancora in testa le parole di Beppe Grillo insieme a tutti i miei pensieri precedenti e non capivo bene perché, prima volta nella storia repubblicana, un presidente del Consiglio avesse dapprima tentato le dimissioni per un parere negativo su un decreto da una parte di maggioranza, per poi rassegnarle nuovamente nonostante avesse ottenuto il voto di fiducia sullo stesso decreto la settimana dopo: era un nonsense, non lo capivo. Ora lo abbiamo capito: è semplicemente fuggito, si è dato alle gambe.

Il migliore, o l’eletto (per la precisione dai giornaloni e da Confindustria, non dai cittadini), è fuggito dai suoi errori e dalle sue responsabilità: non voleva esserci lui in autunno quando una crisi epocale porterà cittadini e imprese sul lastrico, senza possibilità di supporto e di aiuti dallo Stato perché, dopo tutti gli altri errori, si è bruciato pure gli extra-profitti. Voleva fuggire in fretta, lo ha fatto denigrando tutti in Senato, denigrando misure di altri che avevano invece portato benessere al Paese, lo ha fatto sbattendo la porta il più forte possibile nella speranza che in autunno i cittadini si dimentichino dei suoi errori madornali e, per la crisi che vivranno, diano invece colpa al poveraccio (chiunque sarà) che dovrà governare.

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