Letizia Paternoster è tornata a parlare dopo il brutto incidente che l’ha vista protagonista agli Europei di Monaco. La 23enne azzurra, già campionessa mondiale e europa nell’Eliminazione del ciclismo su pista, in Baviera proprio nella prova a lei più gradita è stata vittima di un terribile botto che per qualche minuto aveva fatto temere il peggio. La trentina dopo una quindicina di giri dal via è stata colpita ad alta velocità dall’atleta polacca riportando una commozione celebrale. In ospedale l’azzurra, come aveva raccontato il c.t. Marco Villa, era in stato confusionale ed era convinta di essere alle Olimpiadi. “Un delirio strutturato: sogno l’oro olimpico!” ha raccontato la campionessa del mondo in carica della corsa a Eliminazione a distanza di quasi due settimane dall’incidente in un’intervista al Corriere della Sera.

“Dell’incidente non ricordo nulla: ho un buco di memoria totale dalla sera precedente alla gara al mattino dopo, quando mi sono ritrovata distesa su un letto di ospedale. Non ho voluto rivedere le immagini: mi bastano il dolore, la radiografia della clavicola rotta in quattro parti e le sette viti che la tengono assieme dopo 4 ore di sala operatoria. Penso al futuro: vicino al letto tengo una bici da camera su cui salirò appena potrò”. Per Paternoster è già il terzo grave incidente in carriera. “Puoi prendere tutte le precauzioni possibili, ma quando ti investe un’avversaria oppure un’automobile puoi solo provare a proteggerti e sperare. Mi è andata bene: mi sono risvegliata, posso muovermi e tornare a gareggiare”.

L’azzurra è già pronta per tornare in pista, la paura non fa parte della sua persona. “La spericolatezza è parte di me, la porto dentro fin da bambina quando mi buttavo in Bmx nei boschi dietro a casa, a Trento. Ero matta e senza inibizioni ma sapevo controllare i rischi. Essi si gestiscono mescolando alla follia agonistica, istinto e ragione. Senza follia non avrai mai il coraggio d’infilarti in una spazio largo 50 centimetri a 55 chilometri l’ora, senza istinto non sai quando è il momento giusto per farlo e senza ragione ti fai sempre male”.

I risultati della trentina e delle altre atlete azzurre sia su strada che su pista hanno fatto crescere gli ascolti del ciclismo femminile. “Noi ragazze ce lo meritiamo: la gente sa riconoscere il valore di sacrifici e gesti atletici. Mi piacerebbe godermi questo momento di gloria dopo due anni da incubo: un lockdown infinito, una mononucleosi che mi ha ridotta a uno straccio. A metà ottobre voglio provare a difendere il titolo Mondiale a Parigi. Il mio allenatore e la mia squadra, le Fiamme Azzurre, mi stanno aiutando”. La bici per lei è tutto. “È libertà. Di pedalare in un bosco, per strada, su pista. Libertà di farlo truccata, sorridente ma liberare la mia ferocia quando gareggio. In bici ogni pregiudizio cade: provate a venire a prenderci, a noi donne. Vorrei che tutte le ragazze facessero sport, pedalassero e non si rimbambissero dietro a un tablet o a un telefonino”.

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