Di fronte a prezzi del gas fuori controllo e con l’authority per l’energia che prospetta per l’autunno aumenti delle bollette senza precedenti, molti elettori si staranno chiedendo che cosa contano di fare i partiti in corsa per le elezioni del 25 settembre. La lettura dei programmi conferma, se ce ne fosse bisogno, che nessuno ha ricette in grado di modificare il quadro in maniera sostanziale. Se su temi caldi come fisco, lavoro, welfare e diritti ogni coalizione ha i suoi cavalli di battaglia, le idee per far fronte ai rincari energetici latitano. Nella maggior parte dei casi non si discostano dalle misure già messe in campo dal governo Draghi, la cui proroga richiederà coperture importanti. Bipartisan la speranza che a livello europeo passi il tetto al prezzo proposto dal premier uscente, ma il Nord Europa era contrario e a giugno i partner hanno deciso di rinviare la discussione all’autunno: a quel punto, comunque vada, sarà tardi. Lunedì il Pd ha calato il suo asso: muoversi da soli fissando un tetto nazionale di 100 euro/Megawattora al prezzo dell’energia elettrica. Nelle stesse ore il prezzo medio in Italia ha sforato i 600 euro. Non è chiaro chi pagherebbe la differenza.
Centrodestra – Partiamo dalla coalizione di centrodestra. Il punto 11 dell’accordo quadro tra FdI, Lega e Forza Italia è dedicato alla “sfida dell’autosufficienza energetica”, ma la parola bollette non compare. C’è il “sostegno alle politiche di price-cap a livello europeo“, accompagnato dal “pieno utilizzo delle risorse nazionali, anche attraverso la riattivazione e nuova realizzazione di pozzi di gas naturale in un’ottica di utilizzo sostenibile delle fonti” e dalla “valutazione” del ricorso al “nucleare pulito e sicuro”. Che fare a settembre? L’unica proposta realizzabile in tempi brevi pare la “defiscalizzazione e incentivazione del welfare aziendale, anche attraverso detassazione e decontribuzione premi di produzione e buoni energia“. Non proprio una novità: con il decreto Aiuti bis il governo Draghi ha raddoppiato a 516 euro il limite di esenzione fiscale per i fringe benefit, comprese “le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale”.
Lega – La Lega ha pubblicato un programma autonomo di oltre 200 pagine. Sui temi energetici spazia dal sostegno alle rinnovabili alla promozione di una “filiera nucleare industriale nazionale” passando per la ripresa in grande stile della produzione nazionale di gas. Ma che fare, nel breve, contro i rincari? Pure in questo caso la ricetta consiste in gran parte nella riproposizione di interventi già adottati dal governo Draghi. Oltre a “insistere in sede europea per l’inserimento in tempi congrui di un price-cap europeo al prezzo del gas” si chiede infatti di “proseguire le azioni messe in campo per diversificare le fonti di approvvigionamento”, “il riempimento degli stoccaggi con incentivi o con soggetti di ultima istanza” e “le misure transitorie già introdotte nell’ultimo anno”. Cioè l’annullamento degli oneri di sistema delle bollette elettriche, la riduzione degli oneri di sistema delle bollette del gas, il potenziamento del bonus sociale elettricità e gas alle famiglie in difficoltà e ai clienti domestici in gravi condizioni di salute, la riduzione transitoria dell’Iva al 5% sul gas per usi civili e industriali, il riconoscimento alle imprese di un credito di imposta per le spese sostenute, la rateizzazione delle bollette per i clienti in difficoltà. Idem per quanto riguarda le nuove procedure di acquisto di gas naturale (gas release) e energia prodotta da rinnovabili (electricity release, citata anche dal Pd) con contratti di lungo periodo da parte del Gse che dovrà poi cedere l’energia a prezzi calmierati alle imprese: entrambe sono previste dal decreto Bollette della scorsa primavera, la Lega punta solo ad “accelerarle”. In più il Carroccio propone di ridurre l’Iva al 5% – come già fatto per il gas – anche per l’energia elettrica e il teleriscaldamento.
Pd – Il programma del Pd cita la necessità di un piano nazionale per il risparmio energetico e di interventi per “aumentare drasticamente la quota di rinnovabili prodotte in Italia”, mentre i rigassificatori devono essere solo “soluzioni ponte“. Ma, nell’immediato, alla voce bollette prevede solo un “contratto luce sociale per le famiglie con redditi medi e bassi”. Si tratterebbe di un contratto di fornitura di elettricità prodotta da fonti rinnovabili e acquistata direttamente dall’Acquirente Unico (società pubblica del Gestore dei servizi energetici) con contratto di acquisto decennale, cosa che “permetterà di ottenere prezzi dell’energia elettrica molto bassi”. Si ipotizza che fino a un massimo di 1.350 KWh/anno per famiglia, pari al 50% del consumo medio, sarà fornita “a costo zero”, mentre sulla parte di consumo eccedente i prezzi saranno calmierati. Qualcosa di molto simile, anche in questo caso, all'”electricity release” già previsto nel decreto Bollette (mancano i decreti ministeriali a cui era demandata anche la fissazione del prezzo).
Il 22 agosto però il segretario Enrico Letta ha aggiunto altre tre proposte: la prima è il “controllo dei prezzi dell’energia elettrica, con l’introduzione in via transitoria per 12 mesi di un regime di prezzi amministrati per l’energia elettrica attraverso la fissazione di un tetto nazionale (100 euro/Mwh)”. Seguono il raddoppio del credito d’imposta per compensare per gli extra costi delle imprese a partire dal mese di giugno e “una pressione a livello Ue per l’introduzione di un tetto europeo al prezzo del gas”. Nessun cenno alle coperture necessarie per calmierare il prezzo dell’elettricità, che in queste ore è volato a 600 euro al Megawattora: sei volte il tetto immaginato dai dem. Il credito di imposta verrebbe invece finanziato con “la proroga e l’estensione ad altri settori del contributo straordinario sugli extra profitti delle imprese energetiche” che però finora (l’acconto del 40% andava pagato entro fine giugno) ha fruttato molto meno del previsto.
M5s – Il Movimento propone da mesi “un nuovo Recovery plan” per aiutare i Paesi colpiti dal caro energia, come accaduto per la pandemia. Una prospettiva mai discussa a livello europeo: il piano RePower Eu non prevede la distribuzione di nuove risorse. Il leader Giuseppe Conte ha ribadito la richiesta due giorni fa. L’ex premier sostiene anche la necessità del tetto europeo ai prezzi e, sul fronte interno, “uno scostamento di bilancio per proteggere il tessuto imprenditoriale e sociale”. Nel programma si parla invece di “revisione del sistema di formazione del prezzo del gas favorendone lo sganciamento dal mercato olandese TTF, caratterizzato da fenomeni speculativi“. Una mossa già decisa dall’authority di settore Arera: da ottobre la componente che esprime i costi di approvvigionamento del gas naturale nei mercati all’ingrosso sarà indicizzata al punto di scambio virtuale italiano e non più alla borsa olandese. Per quanto riguarda i clienti industriali, i 5 Stelle immaginano un nuovo “superbonus energia imprese, sempre basato sulla circolazione dei crediti fiscali, per permettere alle imprese di investire a costo zero nel risparmio energetico e nelle fonti rinnovabili”. Si tratterebbe di estendere il meccanismo della cessione dei crediti d’imposta agli investimenti “verdi”.
Azione e Italia viva – Azione e Italia viva sostengono a loro volta il price cap europeo e “in subordine” propongono di studiare “modalità più efficienti e efficaci” per trasferire le extra rendite delle imprese energetiche a famiglie meno abbienti e imprese energivore. Le altre proposte per il “breve periodo” vanno dall’installazione di due navi rigassificatrici all’aumento della produzione di gas nazionale. L’unico intervento che potrebbe essere messo in campo subito è la garanzia statale per incentivare la produzione, da parte delle aziende, di energia rinnovabile per autoconsumo.
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