Ho preso visione del programma elettorale in 15 punti che ha presentato il centrodestra in questo ferragosto elettorale 2022. Primo punto: difesa della patria e dei confini. Tra gli ultimi punti, transizione ecologica e sviluppo dell’Africa, ma solo per ridurre i flussi dei migranti a tutela dei confini.

Sabine Réthoré, una cartografa-artista francese, ha avuto un’idea geniale che ci può aiutare a dare uno sguardo diverso al Mediterraneo: ha creato una carta intitolata “Mediterraneo senza frontiere”, girando la carta geografica di 90°, con il nord situato a destra, riscrivendo i nomi di città, regioni senza tracciare i confini: Je n’ai pas dessiné les frontières qui nous divisent, mais les milliers de routes qui nous relient (“Non ho disegnato i confini che ci dividono, ma le migliaia di strade che ci collegano”).

Il risultato è sorprendente: il Mediterraneo non è più una linea con un sopra e un sotto divisi, ma un grande lago salato con due sponde speculari. Un mondo unito con due rive che si specchiano, si attirano, si chiamano. Due sponde che in fondo nella storia sono state necessarie l’una all’altra, osmotiche anche se a volte in conflitto, ma che in questo mondo globalizzato e che sta vivendo la sua più drammatica crisi non solo climatica ma anche geopolitica globale non può essere considerato solo come confine da difendere, ma come ricchezza da condividere.

Per noi, cattolici e ambientalisti, serve un cambio di prospettiva ben tracciato da Papa Francesco sia nella Enciclica “Laudato Si” che nella Enciclica “Fratres Omnes”. La crisi climatica e l’eccesso di insolazione sono le basi perfette per accelerare i processi di conversione all’energia solare che, come ben mostra la cartina della Rethore, vede nelle piattaforme continentali della Sicilia, della Sardegna e dell’Andalusia (Spagna) una spina dorsale in grado di produrre e fornire energia solare in quantità tali da rendere autosufficiente l’intero meridione, non solo di Italia ma della Europa mediterrenea occidentale e dell’Africa sull’altra sponda del Mediterraneo.

Molti paesi africani godono di un numero elevato di giorni di sole all’anno; oltre l’80% del territorio riceve quasi 2000 kW di energia solare all’ora per metro quadro. Uno studio recente mostra che un impianto solare che coprisse lo 0,3% della superficie del Nordafrica basterebbe a soddisfare il fabbisogno energetico dell’intera Unione europea. Numerosi progetti per la produzione di energia solare, anche su grande scala, sono già in corso in molti paesi africani, inclusi Sudafrica e Algeria.

Non dobbiamo assolutamente vedere il Mediterraneo solo come un confine invalicabile da difendere con il sangue dalle “invasioni” di migranti africani. L’Africa, con il Mediterraneo che ci unisce e non ci separa, è oggi ancora la principale risorsa planetaria più vicina e più accessibile, in particolar modo per i Paesi europei che affacciano nel Mediterraneo e ancor di più per il Meridione di Italia che ne costituisce il ponte geografico diretto. Eppure, ancora oggi l’Africa e il Mediterraneo vengono utilizzati non per il migliore sviluppo sostenibile di entrambi i continenti, ma ancora con un visione eccezionalmente miope, gravata da commerci illegali e traffici illeciti anche di rifiuti tossici industriali.

Oltre sei elettrodomestici su dieci non vengono smaltiti correttamente e prendono la via dell’imbarco illegale verso Paesi stranieri anziché seguire l’iter canonico. Discarica privilegiata dei RAEE europei era e resta sempre l’Africa. I leghisti parlano di raccolta differenziata dei Rsu che sono il 10% dei rifiuti, mentre quelli industriali li mandano a “riciclare” al 70% in Africa!

In tutto il mondo si producono circa 6.5 miliardi di tonnellate/anno di rifiuti. Soltanto 1.5 al massimo sono rifiuti urbani di cui soltanto parliamo troppo e spesso anche male. Il resto sono rifiuti industriali e per le leggi vigenti sono considerati semplice “merce” (e non preziosissima materia prima-seconda specie per Paesi come l’Italia che sono privi di risorse naturali) in libera circolazione nel mondo alla ricerca dello “smaltimento” più economico, non più sostenibile. Ogni cittadino europeo (e quindi anche italiano) produce e gestisce ogni anno circa 30 kg/anno/ procapite di RAEE (tv , smartphone, pc, frigoriferi, lavatrici, ecc.) Ne ricicla nel proprio Paese europeo non più di 4 kg/procapite/anno. Ogni cittadino africano produce nel proprio continente non più di 1.5 kg/ procapite/anno di RAEE (dati ONU 2018) ma ne smaltisce non meno di 25 kg/ procapite/anno!

La Terra dei Fuochi campana è stato il primo avamposto euroafricano degli smaltimenti illeciti da traffici di rifiuti tossici industriali. L’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ha certificato la presenza significativa, oggi ancora in atto, di questi flussi infiniti di rifiuti tossici da Europa-Italia verso l’Africa insieme anche a flussi illeciti di armi. Il recentissimo episodio dei rifiuti spediti dalla Campania verso la Tunisia, scoperto per caso e solo per l’impegno degli ambientalisti tunisini, conferma che non stiamo parlando del passato, ma del presente e di uno dei principali traffici illeciti verso l’Africa.

“Sodoma e Gomorra”: questo l’appellativo attribuito ad Agblogbloshie (Accra), dove confluiscono gran parte delle 300.000 tonnellate di rifiuti elettronici destinati al Ghana. Di questi, si calcola che solo l’1% venga processato in modo conforme agli standard internazionali per il rispetto dell’ambiente. Noi pensavamo che “Gomorra” fosse solo il libro di Saviano sui rifiuti tossici a Napoli e Scampia…

Se tali sono i presupposti, viene da pensare che l’eco-contributo che i consumatori pagano all’atto dell’acquisto per garantire all’oggetto un corretto smaltimento non serva a molto. E che ciascuno degli apparecchi che acquistiamo con grande voracità, magari in offerta, possieda costi nascosti che stentiamo a immaginare. Perché vengono pagati, per noi, dall’altra parte del mare Mediterraneo!

Terra dei Fuochi in Campania, Acerra come Accra, vanno tutelate e salvate con urgenza assoluta: il tempo si restringe sempre di più. Forse, e solo per la nostra ignavia, è già troppo tardi! Il Mediterraneo va tutelato, preservato, e difeso non come confine ma come preziosissima fonte comune di vita e di sviluppo per tutti i popoli che ne condividono le sponde. E’ un lavoro immenso, durissimo, titanico, ma sempre più urgente e indispensabile, se vogliamo salvarci veramente: tutti, non solo noi europei!

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