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Dall’Italia alla Norvegia, economia ed export europei a rischio a causa della siccità e dei fiumi ridotti a rigagnoli

Nel 2018, quando il livello del fiume Reno scese molto ma rimase al di sopra dei valori attuali, la secca di mangiò lo 0,4% di crescita economica tedesca. Nei pressi di Francoforte l'acqua è alta appena 40 centemitri e scenderà ancora nei prossimi giorni. In Francia circa 100 comuni costretti a ricorrere alle autobotti
Dall’Italia alla Norvegia, economia ed export europei a rischio a causa della siccità e dei fiumi ridotti a rigagnoli
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Si aggrava la crisi idrica dei fiumi europei con ricadute sulla produzione energetiche, l’export e l’economia. A destare maggiori preoccupazioni è il Reno la cui profondità è da giorni ai mini storici. Nella zona di Francoforte l’altezza dell’acqua è di appena 40 centimetri, nei prossimi giorni dovrebbe abbassarsi fino a 37. Grandi isole di sabbia compaiono lungo tutto il corso del fiume. Praticamente ferme le chiatte che solcano abitualmente questa che è anche un’arteria commerciale. Trasportano materie prime, tra cui il carbone per le centrali elettriche, cereali, componentistica, prodotti finiti. Lo stop significa un grave contraccolpo per il commercio e un ulteriore elemento di criticità per la produzione energetica. Una sola chiatta traporta carichi pari a quelli di 110 camion, rendendo complesso e oneroso il ricorso a vie alternative.

Lungo il Reno, che attraversa anche Austria, Svizzera, Francia e Olanda vivono quasi 60 milioni di persone e l’acqua è utilizzata a scopi industriali, per la produzione di elettricità e per l’irrigazione. Colossi come Basf e Thyssenkrupp sono in difficoltà e hanno già preannunciato possibili tagli alla produzione. L’operatore energetico tedesco Uniper ha avvisato che potrebbe essere costretto a ridurre la produzione di alcune centrali a causa dei problemi di approvvigionamento via fiume. Nel 2018, quando il livello del fiume scese molto ma rimase al di sopra dei valori attuali, la secca di mangiò lo 0,4% di crescita economica, secondo uno studio del Kiel Institute for the World Economy citato dall’agenzia Bloomberg. Problemi simili si segnalano anche lungo il Danubio su cui sono costruite centrali elettriche serbe, rumene e bulgare e per quanto riguarda il Po.

Il basso livello dei fiumi ha costretto la Francia a imporre severe restrizioni sui consumi in tutto il paese e oltre 100 comuni sono costretti a ricorrere ad autobotti per procurarsi acqua potabile. Solo un’apposita deroga ha permesso ad alcune centrali nucleari di continuare a funzionare. In base alle normative ambientali se l’acqua dei fiumi supera una certa temperature i reattori devono rallentare o fermarsi. L’acqua viene usata per raffreddarli e poi reimmessa nei corsi d’acqua. Se quando viene presa dal fiume è già troppo calda, alzarne ulteriormente la temperatura provoca danni all’ecosistema. La Norvegia, che abitualmente produce gran parte dell’elettricità che consuma con centrali idroelettriche, è stata costretta e bloccare l’export di elettricità (solitamente 1/5 della produzione) perché il livello dei bacini nel Sud del paese è troppo basso e Oslo deve dare priorità alle necessità interne.

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