Ci sono cose che non riuscirò mai a capire. Per quale motivo Giuseppe Conte subisce le mattane grillesche in materia di limite dei due mandati parlamentari (quando il buonsenso confermerebbe che le competenze presenti in un gruppo politico vanno protette e valorizzate)? Colpa di una natura – come si dice dalle mie parti – da “braghemolle” o una sindrome da condiscendente compulsivo, per cui l’avvocato del popolo sarebbe portato a mediare persino con se stesso?

Mi si dice che ci sarebbe di mezzo un ricatto dell’elevato per ribadire chi ce l’ha più lungo: “o chini il capo o ritiro il simbolo 5 Stelle, di cui sono proprietario per rogito notarile”. Ma anche qui: quale importanza taumaturgica si attribuisce a un’insegna da pensione romagnola o da balera di periferia?

Comunque il divieto indiscriminato delle deroghe diventa un atto di fede officiato da un confusionista che di suo non ha mai inventato proprio nulla; una star dello spettacolo il cui apporto alla tradizione nazionale comica si è ridotto alla gag del mugugno lamentoso, con voce chioccia. Un personaggio destrorso che nascondeva la propria vera natura nella retorica protestataria. Il cui ultimo suggeritore era quel Gianroberto Casaleggio che si vendeva ai credenti come profeta del domani avendo lo sguardo perennemente retroverso e gli occhi confissi nella nuca: la sua visione antiquata del futuro per cui internet veniva celebrato quale grande spazio di libertà e disintermediazione proprio mentre era colonizzato dalle major del silicio e della sorveglianza quale strumento di manipolazione dei comportamenti; l’idea puerile della giostra degli eletti a caso (uno vale uno) come rivisitazione dell’aforisma-boutade della cuoca di Lenin: in un regime comunista anche una donna di cucina potrebbe assumere la guida del governo. Una vera scemenza, che si spiega con la vecchia battuta di Norberto Bobbio: non esiste una teoria marxista dello Stato.

Ma sarebbe troppo chiedere al duo dei fondatori del Movimento di prenderne atto. Quei due che per uno scherzo del destino (e dello star-system) nel 2007 intercettarono l’indignazione montante contro la politica inginocchiata davanti all’egemonia bancaria, che esplose a livello mondiale nel 2011. Da Puerta del Sol a Zuccotti Park. Resta il fatto che il Movimento scaturito dall’agitarsi di questi improvvisati personaggi, dopo le passate purghe dei destrorsi e le recenti fughe dei poltronisti, continua a raccogliere orientamenti che potrebbero costituire l’unico spazio politico non intasato da carrieristi, voltagabbana e pretini che sbavano per essere cooptati in quello che chiamo “il garden club”; ossia le cordate del privilegio. Assolutamente incredibili come antemurale contro la destra (para)fascista e il Nosferatu Silvio Berlusconi.

Insomma la speranza di un soggetto politico populista/ambientalista per contrastare la marea nera montante senza dover cercare rifugio nel Palazzo e ricorrere ai suoi fiduciari alla Mario Draghi; i guardiani dell’ordine costituito nell’attuale versione, concentrata al servizio degli interessi plutocratici e alla promozione dell’ingiustizia sociale. Per questo il ruolo di Giuseppe Conte risulta particolarmente delicato, soprattutto visto il deserto di generosità e giustizia nell’attuale quadro politico. Ed è sempre per questo che preoccupa assistere alla sua autoflagellazione accettando di essere criminalizzato dall’intero sistema mediatico come irresponsabile killer del governo dell’algido banchiere, che si era sfiduciato da solo (per risentimento, per scocciatura, per qualche incomprensibili manovra politica abortita, che altro?).

Così come l’espropriazione dei suoi meriti per la gestione del lockdown, poi delle trattative Ue per il Recovery Fund, incamerati coram populo dal migliore dei migliori (cuculi parassitari) suo successore. Ma soprattutto indigna che gli albori di un auspicabile esperimento acrobatico di cambio di pelle (e magari dna) del Movimento che fu, nell’interesse della riapertura del gioco politico, vengano sistematicamente boicottati da Beppe Grillo; per ragioni abbastanza incomprensibili quanto indubbiamente ignobili. Mentre il tempo corre inesorabile da qui a due mesi.

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