Se passasse il referendum sulla giustizia “questi arresti non si potrebbero più fare“. Parola del procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo, che con questa dichiarazione commenta la maxi operazione antidroga portata avanti dal suo ufficio inquirente insieme al Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza: 4,3 tonnellate di cocaina sequestrate e misure cautelari nei confronti di 38 persone tra Europa e Colombia, tutte accusate di traffico internazionale di stupefacenti. È una indagine che colpisce al cuore i rapporti tra i narcos colombiani e le rotte europee quella portata avanti dalla procura di Trieste.

L’effetto referendum – Un’indagine che, in caso di vittoria del sì al referendum sulla giustizia, rimarrebbe monca. Lo denuncia il capo della procura, riferendosi al quesito numero 2, quello sulle misure cautelari, tra i cinque che saranno posti al voto il 12 giugno: se passasse “gli arrestati dovrebbero essere messi in libertà con tante scuse del popolo italiano: questa è la norma che si intende abrogare“, dice De Nicolo. Il capo dell’ufficio inquirente triestino aggiunge: “Le misure cautelari cadrebbero tutte per reati come il traffico di droga, a prescindere dalle quantità anche mostruose, se non vengono eseguiti in violenza alla persona e quindi ricadrebbero nell’alveo abrogativo del referendum”. Se il 12 giugno vincessero i sì, infatti, diventerebbe impossibile disporre qualsiasi misura cautelare – non soltanto il carcere – motivandola con il rischio che l’indagato (o imputato) commetta di nuovo il reato di cui è accusato o altri simili, se questi non implicano “l’uso di armi o di altri mezzi di violenza personale”. Nel caso dello spaccio internazionale di stupefacenti, dunque, se vincessero i sì al referendum diventerebbe impossibile disporre qualsiasi misura cautelare – non soltanto il carcere – motivandola con il rischio che l’indagato (o imputato) commetta di nuovo il reato di cui è accusato o altri simili, se questi non implicano “l’uso di armi o di altri mezzi di violenza personale”.

L’operazione: usati agenti sotto copertura – A proposito di quantità mostruse di droga le 4,3 tonnellate di cocaina sequestrate valgono 96 milioni di euro, ma il valore sul mercato italiano si sarebbe duplicato raggiungendo i 240 milioni di euro. Le indagini sono durate più di un anno e sono iniziate con la cooperazione della magistratura e della polizia colombiana, con l’Agenzia statunitense Homeland Security Investigations. Sono stati individuati importanti broker e grossisti e vari addetti al trasporto, tutti oggetto delle misure restrittive. Sono stati impiegati agenti ‘sotto copertura’, che si sono infiltrati nell’organizzazione simulando di gestire la parte logistica dei traffici: gli investigatori hanno ricostruito la rete di rapporti tra i produttori di cocaina sudamericani e gli acquirenti in Europa e in Italia, che facevano riferimento a gruppi di criminalità organizzata operanti in Veneto, Lombardia, Lazio e Calabria.

Il trasporto della droga gestito dagli inquirenti – Gli investigatori hanno documentato 19 consegne consecutive tra maggio 2021 e maggio 2022. Nel corso delle operazioni, oltre agli stupefacenti, sono stati trovati diversi veicoli dal valore di circa 100mila euro e 1,8 milioni di euro in contanti. La cocaina arrivava dalla Colombia via aereo, anche se i venditori erano convinti giungesse al porto di Trieste via mare. A supporto della “fake news” le forze dell’ordine, che gestivano il trasporto, avevano prodotto anche documenti falsi ad hoc. Ma una volta giunta (già sequestrata) in Italia la cocaina veniva custodita in depositi sicuri e consegnata da interposti sotto copertura. All’origine dell’operazione la ricerca, come riferito da un contatto delle forze dell’ordine colombiano, di un porto sicuro in Italia da parte dei narcotrafficanti. Da qui la decisione di creare un finto hub nel porto di Trieste, “dove non è mai entrato un grammo di cocaina, ma abbiamo fatto credere che così avveniva”, ha spiegato il procuratore capo De Nicolo. Gli investigatori sotto copertura hanno quindi gestito il trasporto e il magazzinaggio della sostanza. E i circa 2 milioni sequestrati nel corso dell’operazione sono stati frutto di proventi ottenuti dalle consegne. “Venduto al dettaglio il quantitativo di stupefacente” sequestrato “avrebbe potuto raggiungere anche mezzo miliardo di euro“, ha osservato il comandante del nucleo di Polizia economica finanziaria di Trieste, Leonardo Erre.

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