L’Argentina, gli aerei, le chiamate a Zucchero alla 4 del mattino e il calcio, sfondo lontano o eterno ripetersi di quel rigore a Pasadena. Ecco Roberto Baggio nell’intervista a Leonard Berberi del Corriere della Sera, mentre vola per Buenos Aires con l’aereo di Ita che si chiama…Roberto Baggio. “Sensazione strana volare su un aereo che porta il mio nome, devo ancora metabolizzare”. L’Argentina però c’è sempre, dal ’91: “Ci andavo con papà, poi mi sono innamorato della provincia di Santa Fè: tra quei tramonti con colori indescrivibili ritrovo me stesso”. Un se stesso ancora dolorante per le botte prese da quel calcio che ha lasciato nel 2004: “Ancora faccio fatica anche solo con un po’ di corsa. Negli ultimi tempi non vedevo l’ora di finire: sognavo la domenica per giocare perché poi sarebbe arrivato l’incubo del lunedì o del martedì con le ginocchia che si gonfiavano”. Eppure, dopo 18 anni fuori dal campo è ancora amatissimo: “Durante la pandemia un gruppo di tifosi cinesi ha contattato mia figlia per mandare 60mila mascherine: le ho date all’ospedale di Vicenza e in giro. Una cosa che mi ha toccato profondamente perché si erano preoccupati per me”.

E poi la famiglia, il legame indissolubile con la moglie Andreina: “Ci siamo conosciuti a 15 anni e mezzo e già due settimane dopo avevamo deciso che avremmo avuto una femmina e un maschio e li avremmo chiamati Valentina e Mattia. La ricetta del mio matrimonio è la purezza di mia moglie e il suo forte senso della famiglia”. Famiglia, che per Roby, è anche il ricordo di papà Florindo: “Parlava poco, era abituato a dimostrare le cose col lavoro. Lo sentivo sotto alla mia camera tutta la notte nella sua officina a maneggiare il ferro. Lo criticavo perché non era sensibile, ma ha tirato su otto figli, aveva debiti e mutui da pagare, faceva fatica a dar da mangiare a tutti”. Poi mamma Matilde, “la colonna portante della famiglia, d’altronde sono le donne che tengono in piedi tutto”. E il rigore, quel rigore: “Non andrà mai via. Ogni tanto a letto mi tormento e mi dico che magari se avessi segnato forse sarebbe andata peggio”. Ma i pensieri sono pure quelli belli, divertenti, tipo gli scherzi da fare agli amici: “In Argentina abbiamo comprato una finta vipera gialla e l’abbiamo attaccata dietro a uno dei nostri amici”. Scherzi da fare in particolare a Zucchero: “Si è lamentato perché l’ho chiamato alle 4 del mattino per andare a caccia? Non era contento, è vero. Lì ho capito che era abituato ad andare a dormire a quell’ora, non ad alzarsi. Gli voglio molto bene”. E il calcio, da lasciare ancora sullo sfondo: “Sto bene fuori: il tempo passa troppo veloce e la vita è fatta per fare le cose che ci piacciono”.

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