Rottura in Europa tra la Commissione europea e il gruppo liberale di Renew Europe, di cui fa parte, tra gli altri, anche La République En Marche di Emmanuel Macron. Oggetto della contesa la decisione di Palazzo Berlaymont di sbloccare i fondi del Pnrr della Polonia, fino ad oggi congelati a causa delle violazioni dello stato di diritto legate in particolar modo alle riforme di Varsavia che minavano l’indipendenza dei giudici. Dopo che nei giorni scorsi il Parlamento polacco aveva però votato per cancellare il sistema disciplinare dei togati fortemente criticato da Bruxelles, dalle istituzioni europee era arrivato il via libera allo sblocco del sostegno per la ripresa dalla pandemia di coronavirus.

La decisione, però, ha scatenato la dura reazione di Renew Europe che con il suo vicepresidente, Luis Garicano, ha annunciato al congresso del partito a Dublino che il liberali europei stanno preparando una mozione di censura (la sfiducia) nei confronti della presidente Ursula von der Leyen: “Il partito dell’Alde – spiega il politico spagnolo – ha appena accettato di chiedere al nostro gruppo parlamentare Renew di promuovere una mozione di censura della Commissione europea se erogherà denaro alla Polonia nell’ambito del Recovery Fund senza che le condizioni della Corte di giustizia Ue siano soddisfatte”.

Il 27 maggio Varsavia aveva abbandonato la linea dell’intransigenza nazionalista e, proprio per cercare di sbloccare i fondi, aveva ceduto alle richieste dell’Unione cancellando il sistema disciplinare dei giudici. Alla fine dello scorso ottobre, la Corte di Giustizia dell’Ue aveva emesso una sentenza contro la Polonia imponendo il pagamento di una multa da 1 milione di euro al giorno alla Commissione per non aver sospeso l’applicazione delle disposizioni nazionali relative in particolare alle competenze della camera disciplinare della Corte Suprema. Nemmeno un mese dopo, un’altra sentenza della Corte aveva stabilito che nel Paese non vi fosse un’adeguata separazione del potere giudiziario da quello esecutivo. Una pressione costante quella sul governo di Mateusz Morawiecki, spinta anche dal gruppo liberale che più di altri non dimentica mai di schierarsi contro le scelte dei Paesi nazional-populisti dell’Ue, in special modo quelli del quartetto di Visegrad di cui la Polonia fa parte.

Ma non è solo questo il punto di scontro tra le istituzioni europee e il gruppo liberale, in particolar modo l’ala che fa capo a Macron. Proprio alla fine di maggio, nel corso del suo intervento al Forum di Davos, von der Leyen si è schierata sulla linea dura nei confronti di Mosca decisa da Stati Uniti e Gran Bretagna, demolendo pubblicamente le richieste di pace e dialogo inviate a Washington da Macron, Scholz e Draghi. “L’Ucraina deve vincere la guerra. E l’aggressione di Putin deve essere un fallimento strategico. Faremo tutto il possibile per fare in modo che gli ucraini prevalgano e riprendano il futuro nelle loro mani”, aveva esordito la capa del Berlaymont prima di ridimensionare anche un altro piano caro a Macron, ossia quello della difesa comune europea: “La Nato è la più forte alleanza militare del mondo e lo sarà sempre. E l’Ue non sarà mai un’alleanza militare. Ma noi europei dobbiamo essere in grado di occuparci della nostra difesa”, aveva aggiunto ricevendo la benedizione del segretario generale del Patto Atlantico, Jens Stoltenberg.

La mossa di Renew Europe ha così un forte valore politico e simbolico, ma difficilmente potrà mettere in discussione l’attuale composizione della Commissione Ue. Secondo i Trattati, un decimo degli europarlamentari può presentare la mozione di censura. E fin qui i numeri ci sarebbero anche, dato che i liberali rappresentano circa un settimo dei 705 scranni a Strasburgo con i loro 103 esponenti. Ma per poter arrivare alla sfiducia c’è bisogno dell’ok dei due terzi dell’aula, ossia 470 membri. Un numero praticamente irraggiungibile se si tiene conto che alla Commissione basterebbe solo l’appoggio compatto del Partito Popolare Europeo, di cui von der Leyen fa parte, e dei Socialisti per far naufragare l’ipotesi di una sfiducia.

Twitter: @GianniRosini

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