Un’epurazione totale del sistema giudiziario resta ormai l’unica opzione per sradicare la corruzione nel Paese”. Con queste parole il presidente della Repubblica tunisino Kais Saied ha annunciato giovedì 2 maggio un decreto legge con il quale ha rimosso dall’incarico 57 giudici, accusati dal capo dello Stato di cospirazione e di aver ostacolato processi su casi di terrorismo. Tra i giudici rimossi dal loro incarico figurano l’ex capo del Consiglio superiore della magistratura Youssef Bouzakher, l’ex presidente della Corte di cassazione Taieb Rached, l’ex procuratore generale Bechir Akremi e l’ex consigliere legale dell’ex primo ministro Belhassen Ben Amor. L’epurazione di Saied arriva a pochi giorni dall’uscita dell’Ugtt, il più grande sindacato del Paese nordafricano, dal cosiddetto “Quartetto del Dialogo”, incaricato di guidare il “dialogo nazionale” per la stesura di una nuova Costituzione, la cui bozza dovrebbe essere votata con un referendum il prossimo 25 luglio. Secondo il segretario generale dell’Ugtt, Noureddine Taboubi, “la magistratura è oggetto di una campagna di intimidazioni e pressioni da parte del ministro della Giustizia Leila Jafal“. E anche gli Usa protestano: la recente epurazione fa parte di “un allarmante schema di misure che ha minato le istituzioni democratiche indipendenti della Tunisia”, ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price.

Il nuovo decreto ha inoltre coinciso con un altro che ne modifica uno relativo al Consiglio superiore della magistratura e che consente a Saied di “esonerare ogni giudice che possa pregiudicare la reputazione della magistratura, la sua indipendenza o la sua buona condotta e nel caso in cui la sicurezza pubblica o l’interesse superiore dello Stato siano messi a repentaglio”. L’Ordine dei magistrati ha criticato pesantemente la decisione di Saied, giudicata “una strage giudiziaria con il pretesto della lotta alla corruzione”. “Non ha nulla a che fare con la lotta alla corruzione che può essere raggiunta solo attraverso programmi di riforma, applicazione della legge e di garanzie legali garantite alle persone”, spiega l’Ordine. L’Unione dei giudici amministrativi ha affermato, secondo quanto riporta il quotidiano arabo Quds Arabi, che il nuovo decreto pone fine all’indipendenza della magistratura, contribuisce a intimidire i giudici tunisini e mina il loro ruolo di protettori della legittimità, dei diritti e delle libertà. E ha espresso, in una dichiarazione rilasciata giovedì, la disponibilità dei suoi membri a “prendere tutte le misure di lotta per difendere l’indipendenza dell’istituzione giudiziaria e l’integrità fisica dei giudici”. L’associazione degli Avvocati per la tutela dei diritti e delle libertà ha denunciato la decisione di Saied osservando che l’elenco dei togati esonerati “comprende un gran numero di personalità onorevoli note per la loro efficienza e integrità”.

Il Fronte di Salvezza Nazionale (Fsn), nato martedì scorso dall’unione di forze civili e politiche tra cui Ennahda, partito Amal, Al Irada, Al Karama, Qalb Tounès e l’iniziativa “Cittadini contro il colpo di Stato”, ha denunciato “l’ingerenza schietta del presidente della Repubblica nel funzionamento dell’impianto giudiziario”, che “spoglia quest’ultimo da quel che resta di indipendenza dopo lo scioglimento del Consiglio superiore della magistratura”. Il Fronte ha inoltre affermato che “la procedura adottata dal capo dello Stato demolisce ciò che resta dell’edificio della democrazia e della separazione dei poteri”. Il Fsn chiede inoltre un dialogo nazionale reale e inclusivo, un governo di transizione e elezioni anticipate monitorate da “un’autorità elettorale legittima”.

Dopo settimane di silenzio arriva anche la reazione internazionale a ciò che sta succedendo in Tunisia. In un tweet Amnesty International ha condannato la decisione di Saied dichiarando che il nuovo decreto “colpisce l’indipendenza della magistratura”. Il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Ned Price, ha esortato il presidente tunisino a far rientrare il suo programma di riforme all’interno di un contesto democratico affermando che la recente epurazione fa parte di “un allarmante schema di misure che ha minato le istituzioni democratiche indipendenti della Tunisia”. “Continuiamo a sollecitare il governo tunisino a perseguire un processo di riforme inclusivo e trasparente con il contributo della società civile e delle diverse voci politiche per rafforzare la legittimità degli sforzi di riforma”, ha affermato Price.

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