Per una volta gli esperti non si dividono. Dopo tre mesi e un giorno di guerra la situazione è ancora di “stallo”. Certo, le forze russe avanzano nel Donbass, dal Mar Nero tornano i raid su Zaporizhzhia, sull’altro fronte le armi arrivano ai depositi ucraini ma non al sud e con molti dubbi su chi possa ancora usarle. Così, ogni giorno le zone di conflitto e di controllo cambiano ma nulla sembra cambiare, perché il negoziato resta al palo in attesa di un dato certo da cui farlo partire. Quanto potrà durare questa situazione? Chi ha maggiori possibilità di uscirne vincitore? Tre generali di specialità diverse la vedono allo stesso modo: escludono una controffensiva in grande stile, quella evocata da Zelensky per ricacciare i russi dai territori occupati, d’altra parte rilevano le enormi difficoltà delle forze russe a consolidare il controllo dei territori che via via espugnano. Per Fabio Mini, Marco Bertolini e Vincenzo Camporni nessuno ha in mano le carte giuste da calare al tavolo della pace. Per avere colori e contorni definiti serve ancora tempo, forse settimane. Altre settimane di sangue.
Fabio Mini Ex capo di Stato Maggiore del Comando Nato per il Sud Europa
“Impossibile una grande controffensiva”
Le forze di entrambi i fronti si stanno consumando, ma non ancora al punto da costringerli al negoziato. I russi si sono presi il Donbass va bene, ma un territorio limitato ai soli confini amministrativi non ha molto senso senza una fascia di sicurezza di almeno una cinquantina di chilometri verso l’interno. Senza, gli ucraini staranno inchiodati lì fino alla fine del mondo. E poi più vicini stanno alle città importanti del Donbass, come Donetsk e Severodonesk e più la linea di difesa prevale sull’attacco. Che gli ucraini si riprendano i territori però io non lo credo, non ce la fanno. Possono provare a resistere a fronte di una situazione ancora ibrida, nel senso che ci sono ancora “sacche ucraine” che devono essere aggirate come Kramatorsk. Gli stessi russi non hanno un territorio sotto controllo, ci andrebbero con una linea di contatto che non è rigidamente definita ma può cambiare aspetto da un minuto all’altro. Quanto può durare? Ricordo che per il Vietnam ci vollero ben cinque anni. C’è poi da capire come verrano usate le nuove armi a lunga gittata che l’Occidente sta fornendo. Bastano 3-4 missili di quelli buoni e fanno fuori intere brigate di artiglieria. Ecco perché a mio avviso vanno bene finché c’è il contatto diretto con le unità russe, ma nel momento in cui sono lanciate oltre la linea di fronte c’è poco da fare, sarà un massacro in ogni caso. Per questo non capisco tutto questo entusiasmo. Diverso è se anziché in campo aperto le useranno per sparare da dentro le città, che non è escluso. In questo caso la sola disponibilità potrebbe indurre qualcuno a dire “vabbé, facciamo altre città martiri”, ma facciamo fuori questi missili che abbiamo. Mi chiedo anche quanto durerà questo appoggio all’Ucraina così indeterminato, massiccio: soldi che gli piovono da tutte le parti e non sanno dove buttarli. Fino alle elezioni americane? Ecco, anche questo è un obiettivo ma per i russi, nel senso che il giorno dopo per gli ucraini potrebbe cambiare il vento che soffia da Washington e anche solo questo potrebbe indurre a una pressione crescente dei russi, non delle forze ucraine: nel momento in cui vedessero vicino un calo del sostengo agli ucraini si mettono davvero a sfondare tutto.
Marco Bertolini – Ex comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze
“Le nuove armi per controffensive locali, si vince solo negoziando”
In estrema sintesi, i russi al momento vincono da un punto di vista tattico militare, perdono da un punto di vista politico. Stanno avendo la meglio sia sul campo che in mare, considerato che gli ucraini hanno ammesso che la flotta russa controlla ormai il Mar Nero. Bisogna vedere quanto a lungo questa situazione sarà sostenibile. Avere ragione di un conflitto solo con le armi non basta, devi vincere nel negoziato. Ma se non c’è perché nessuno si siede al tavolo per discutere la vittoria sul campo serve a poco. Mi sembra che il vento però stia cambiando. Diversi fautori della guerra a tutti i costi, quelli che voltavano le spalle quando Lavrov prendeva la parola all’ Onu sostiene ora sia necessario negoziare. Lo ha appena fatto Kissinger, che è uno che la sa lunga. L’Ucraina deve dire cosa vuol cedere e cosa non è disposta a cedere, ma in una condizione quantomeno di stallo ogni rifiuto diventa una posizione insostenibile che spinge il conflitto all’infinito. Possibili colpi di scena non ne vedo. Le nuove armi non servono certo a una poderosa controffensiva perché non bastano, serve il soldato che le usi, sia il fucile o il missile. Non sappiamo quante perdite abbia subito l’Ucraina e di quante risorse disponga dopo tre mesi di guerra. Immagino al più controffensive locali per tenere acceso il conflitto che altrimenti si spegnerebbe, ma un’ azione che ricacci i russi dal Donbass o dalla Crimea o Mariupol non la vedo. Diverso è se intervenisse la Nato, ma non voglio né pensarci per gli scenari che apre. Per il negoziato in ogni caso è necessario che anche che Zelensky o chi per lui guardi in faccia la realtà. Secondo me è stato illuso della possibilità di vincere. Forse davvero Putin non ha le risorse per farlo. Ma prima ne prendono atto e prima finirà questa guerra sanguinosa che prosegue solo a costo di enormi sacrifici umani.
Vincenzo Camporini
Ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare e della Difesa
“Nessuno sta vincendo, tra due settimane sarà chiaro a tutti”
Chi sta vincendo, chi perde. Non vince nessuno, e non per questioni ideali tipo “nella guerra perdono tutti” ma per un fatto semplice e crudo: l’esaurimento delle risorse su entrambi i fronti. I russi non sono nelle condizioni di andare aldilà della conquista del Donbass, se ci riescono, e gli ucraini anche se ricevono gli armamenti più sofisticati dall’Occidente cominciano ad avere problemi di organico: stanno finendo i soldati. Anche guardando ai movimenti sul terreno direi che siamo di fronte a uno “stallo dinamico”, dove si combatte sempre e ogni giorno la mappa dei territori presi si modifica, ma nella sostanza succede ben poco. Il punto è che ognuno ha la speranza di vincere combatterà, quando si renderanno conto tutti e due che non ne hanno smetteranno di combattere e cesseranno le armi. La situazione è questa. Zelensky dice “perdiamo cento uomini al giorno”… l’aeroplano si fa in qualche mese, il soldato no. Per questo non credo a una controffensiva degli ucraini, anche se riforniti di nuove armi fino ai denti. Ma lo stesso vale per la Russia che ha problemi molto seri. Proprio oggi mi è arrivata da fonti molto informate notizia che stanno tirando fuori dalla naftalina i T62, carri costruiti alla fine degli anni Cinquanta che non hanno capacità di combattimento notturno, non hanno sistemi di puntamento aggiornati. Hanno il cannone sì e se sparano da qualche parte il proiettile arriva. Questo da un’idea delle difficoltà in cui versano. Credo dunque che non riusciranno a vincere, vorranno spingere ancora, e gli ucraini vorranno rispondere ma senza essere in grado di andare avanti. Temo dunque che la guerra si protrarrà nel tempo finché non ci si renderà conto della situazione. Quanto a lungo? Il 9 maggio, durante la diretta della famosa “parata” in Piazza Rossa, ho risposto alla stessa domanda a una sua collega: tiriamo una monetina, sei settimane. Ne sono passate due e tra un mese ancora siete tutti autorizzati a sbeffeggiarmi, ma qui ribadisco che per me non si andrà molto. E’ la classica in cui la virtù della speranza cessa di essere una virtù e diventa un vizio.
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