Tre italiani e un africano, cittadino del Togo, sono stati sequestrati in Mali da “uomini armati a bordo di un veicolo“: a riferirlo è l’agenzia stampa France Presse, che riporta la notizia diffusa da fonti locali. Per il sito Africa express, il primo a dare la notizia in Italia, si tratta di una coppia italiana e del loro bambino: il rapimento sarebbe avvenuto la sera del 19 maggio a Sinzina, nel distretto di Koutiala, a sud del Mali. Secondo quanto trapelato in un primo momento i quattro rapiti appartengano al gruppo dei Testimoni di Geova. Tuttavia, L’Associazione dei Testimoni di Geova del Senegal, competente anche per il Mali, ha smentito: “Attualmente non abbiamo alcun missionario, alcun religioso, Testimone di Geova in Mali”. E questo, ha aggiunto, “da quasi un anno”. Ovviamente, ha proseguito il portavoce, “esistono persone che sono testimoni di Geova in Mali come in molte altre parti del mondo, ma che noi non conosciamo personalmente; come ci sono molti cattolici sulla terra”. Comunque “ci stiamo informando per sapere chi siano queste persone”, anche se “al momento non abbiamo informazioni ufficiali da condividere”, ha concluso.

“Presenteremo un piano per ridimensionare la nostra missione in Mali” ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, rispondendo ad una domanda sul sequestro in conferenza stampa. “Abbiamo deciso di sospendere tutte le attività di addestramento delle truppe, e non vedo più una prospettiva perché queste attività possano riprendere nel prossimo futuro. Bisogna ridurre gli effettivi, in modo coordinato e rischierarli in altri Paesi della regione, e vedere poi come gli obiettivi della missione possano essere ridefiniti per continuare ad assistere la popolazione del Mali” ha concluso. La Farnesina ha reso noto che l’Unità di Crisi del ministero degli Esteri sta compiendo le dovute verifiche e accertamenti e che il ministro Luigi Di Maio sta seguendo in prima persona la vicenda. Un membro della comunità dei (presunti) Testimoni di Geova in Mali ha riferito che la coppia di italiani, che sarebbe stata rapita da uomini armati insieme al figlio e a un togolese a Sincina, stava lavorando per aprire una chiesa locale.

Secondo prime ipotesi dietro al rapimento potrebbero esserci i terroristi qaedisti del Jnim, acronimo per Gruppo d’appoggio all’Islam e ai musulmani. Lo rivelano all’Adnkronos fonti informate, sottolineando come la zona in cui si trovavano, al confine con il Burkina Faso, è un’area dove è fortissima la presenza di jihadisti. La città in cui si trovavano i tre – Sinzina, nella regione di Sikasso – è a circa 270 chilometri a sudest di Bamako. Durante il blitz non sarebbe stato aperto il fuoco. Il leader tuareg di Jnim, Iyad Ag Ghali, ha dichiarato l’intenzione del gruppo di “affrontare il nemico crociato occupante” e ha giurato fedeltà al leader di al Qaeda Ayman al-Zawahiri. Da allora i servizi di sicurezza hanno riscontrato una crescente capacità di espansione del gruppo nelle aree limitrofe, con conseguente destabilizzazione per tutta la fascia saheliana. Jnim punta a mandare via dal Mali le forze straniere, soprattutto quelle francesi e delle Nazioni Unite, e di imporre la sua versione della Sharia, la legge islamica. In alcune aree del Mali centrale controllate dal Jnim, l’organizzazione ha chiesto ai civili di accettare il governo jihadista.

Sebbene i componenti all’interno del Jnim agiscano in modo relativamente autonomo, tutti hanno costantemente riaffermato la loro appartenenza al gruppo ombrello e la loro fedeltà ad al-Qaeda. Nonostante le pesanti perdite per mano delle forze francesi, Jnim continua a operare in tutto il Mali e in Burkina Faso e Niger. Conduce attacchi complessi, omicidi e attacchi con ordigni esplosivi improvvisati (Ied) contro le forze delle Nazioni Unite, del Mali e della Francia. Per il Center for Strategic e International Studies rappresenta una grave minaccia per i civili, le forze locali e internazionali, nonché le forze di pace con la Missione di stabilizzazione integrata multidimensionale delle Nazioni Unite in Mali. Il gruppo ha collaborato con lo Stato Islamico nel Grande Sahara (Isgs) fino all’estate del 2019, quando la cosiddetta “eccezione saheliana” al conflitto tra al Qaeda e l’Isis si è conclusa con l’esacerbarsi di differenze ideologiche e defezioni controverse. È seguito un periodo di ostilità tra i due gruppi che, tra il 2019 e il 2020, si stima abbia portato all’uccisione di 731 combattenti Jnim e 125 di Isgs. Il Jnim ha anche cercato collegamenti con Ansaroul Islam che ha sede in Burkina Faso. Il Jnim ha creato un braccio mediatico che rivendica regolarmente la responsabilità degli attacchi in tutto il Mali. Tra gli altri, ha rivendicato l’attacco del gennaio 2019 nel quale hanno perso la vita dieci uomini delle forze di pace delle Nazioni Unite ad Aguelhoc, devastanti attacchi alle basi dell’esercito maliano a Dioura e Guiré e diversi attacchi contro le forze di sicurezza e altri gruppi armati in Niger e Burkina Faso. Negli anni ha rivendicato diversi attacchi a cittadini stranieri. L’8 gennaio dello scorso anno, ad esempio, si è assunto la responsabilità l’attacco sferrato da un attentatore suicida al volante di un’autobomba in Mali sono in cui sono rimasti feriti sei soldati francesi della forza Barkhane.

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