“Appena è scoppiato il conflitto, oltre ad averlo definito in una decina di editoriali ‘la guerra criminale di Putin’, con la fondazione Il Fatto Quotidiano e con la onlus Soleterre abbiamo raccolto in due giorni 250mila euro per i bambini malati di cancro di Kiev che non potevano essere più curati coi bombardamenti. Con la fondazione Dario Fo e Franca Rame abbiamo accolto 24 rifugiati ucraini nella struttura della Libera Università di Alcatraz di Jacopo Fo. Tutto questo per dire come siamo putiniani”. Così, a “Otto e mezzo” (La7), il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, risponde alla accuse di filo-putinismo in un dibattito con il deputato di LeU, Pier Luigi Bersani, che definisce “ossimori” democrazia e pensiero unico e “stravaganti” provvedimenti come quelli del Copasir sui talk show politici.

Travaglio aggiunge: “Lo scrisse Padellaro quando siamo nati: la nostra linea politica è la Costituzione. Quindi, io, che dopo Padellaro sono il direttore del quotidiano, sono vincolato, perché l’art. 11 della Costituzione dice che non si risolvono le controversie internazionali con le guerre e non si mandano le armi a Paesi non alleati. Non potevo non prendere una linea contraria all’invio delle armi. Certo, mi dispiace nella stessa misura in cui mi dispiace non mandare le armi ai curdi attaccati dai turchi o agli yemeniti bombardati con le nostre armi dall’Arabia Saudita”.

Il direttore del Fatto chiosa: “Sempre nella Costituzione c’è l’art. 21 che stabilisce che c’è la libertà di espressione. Quindi, nel mio giornale ho ospitato articoli sia favorevoli, sia contrari all’invio delle armi in Ucraina. Naturalmente non è colpa mia se la maggior parte dei miei collaboratori è contraria all’invio delle armi perché è affezionata alla Costituzione – conclude – Ma io ho sempre dato voce a tutti liberamente. Certo, non posso accettare che mi si chieda di cacciare qualche collaboratore perché non è d’accordo. Questo non lo farò mai finché sarò direttore. Anzi, finché sarò vivo”.

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