La Guardia di finanza di Pescara, in collaborazione con l’unità di cooperazione giudiziaria dell’Unione Europea (Eurojust), ha sequestrato oltre tre milioni di euro su un conto in Lituania, abilitato – apparentemente – al trading in criptovalute, ma che in realtà fungeva da ‘lavanderia‘ per rendite illegali. Nei circuiti multivaluta della Repubblica baltica sono finiti i profitti illeciti di un’enorme catena di evasione fiscale attiva dal 2015 al 2020. La truffa ha coinvolto più paesi del mercato europeo e il valore commerciale delle fatture, per operazioni inesistenti, si aggira sui 53,5 milioni di euro.

Il sequestro delle fiamme gialle pescaresi è frutto dell’operazione ‘Superclean’ sull’associazione per delinquere sgominata a febbraio scorso per una maxi-frode di auto di lusso sul mercato europeo. Sul conto lituano l’associazione criminale aveva accumulato metà dei sei milioni di euro guadagnati illegalmente. Una somma sequestrata – a cui si aggiungono ville, auto di lusso, orologi preziosi, dipinti, carte di credito ricavati dal riciclaggio – per cui il sodalizio criminale internazionale era indagato per truffa aggravata ai danni dello Stato, riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Tutti i beni sono stati sequestrati dopo che il Tribunale del Riesame di Pescara ha rigettato i ricorsi presentati.

“Gli abissi virtuali delle criptovalute offrono una sponda alternativa di wash trading, spesso praticato assieme agli strumenti più tradizionali del riciclaggio internazionale di profitti illeciti”, spiega in una nota il Comando Provinciale guidato dal colonnello Antonio Caputo. “Infatti – prosegue – il denaro virtuale porta in sé caratteristiche tipiche sia del contante che della moneta digitale; garantisce anonimato, trasferibilità a basso rischio e convertibilità come il primo, e immediatezza e ribasso dei costi di transazione come la seconda”.

“La sua circolazione sul web non avviene tramite l’intermediazione di un ente centrale, quali sono in genere le banche governative – conclude – questo perché la criptovaluta è la punta di diamante della cosiddetta fiscalità decentralizzata, in cui le transazioni si fanno peer to peer, tra pari, tra utenti interconnessi, gli stessi che validano la richiesta di movimentazione del denaro virtuale in base alla fee erogata (più si paga, maggiore priorità sarà data all’elaborazione del transfer), e solo dopo aver verificato che il wallet da cui parte il denaro virtuale non sia incapiente”.

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