Per il commissario Ue Paolo Gentiloni è meglio non nominarla nemmeno: “Dobbiamo lavorare per evitare che tutti questi discorsi sulla stagflazione diventino una profezia che si autorealizza”. Il rischio di arrivare al mix letale tra prezzi in aumento ed economia in stallo, brutto ricordo degli anni Settanta, in effetti c’è, ma è presto per dire se si materializzerà. E, spiega l’economista Fedele De Novellis, molto dipende da come i Paesi europei reagiranno alla spirale di un’inflazione che in molti Paesi ha toccato i massimi dagli anni Ottanta per effetto dei rincari dell‘energia. Al netto delle (urgenti) decisioni politiche su un eventuale embargo Ue su gas e petrolio russi, spiega il responsabile del gruppo di lavoro Previsioni e analisi macroeconomiche di Ref Ricerche, “credo che dovremmo essere costruttivi: per ridimensionare i prezzi del gas non serve azzerare la domanda, basta ridurla, e questo possiamo farlo subito”. Una strada intermedia che consentirebbe di superare, dal punto di vista economico, il dilemma tra crescita e imperativi etici a fronte dell’invasione dell’Ucraina. E di evitare che l’inflazione continui a mangiarsi salari che nel 2021-22 hanno subito in Italia una caduta in termini reali superiore al 5%.

Le proposte europee per diminuire nel medio periodo la dipendenza da Mosca sono note, ma Roma oltre a cercare di diversificare le fonti di approvvigionamento e spingere per un tetto comune ai prezzi dovrebbe secondo De Novellis anche muoversi da sola, in tempi più stretti. Puntando sulla diminuzione dei consumi – “accorciare un po’ l’orario di accensione dei riscaldamenti o abbassare le temperature non è certo un dramma” – e premendo l’acceleratore sullo sblocco dei progetti di produzione di energia da rinnovabili. Per stimolare le quali si potrebbe anche deviare una parte delle risorse del Pnrr “rinviando alcune opere pubbliche non urgenti i cui costi ora sono raddoppiati”. Su tutto questo “siamo un po’ timidi. Per esempio solo ora si è deciso di andare a tassare gli extraprofitti lungo la filiera dell’energia e usare quei soldi per limitare gli effetti sui settori più danneggiati”. Bisogna fare di più, secondo De Novellis, perché “la nostra guerra è questa qui”.

Gli effetti non si possono certo paragonare a quelli dei bombardamenti ma in gioco, dice l’esperto, c’è la sopravvivenza di molti settori industriali in Europa: “Il gas a differenza del petrolio ha prezzi molto diversi su diversi mercati. Negli Usa, così come in Cina, in questo momento è molto più basso. Washington ha offerto all’Europa più Gnl, ma non è un flusso tale da ridurre l’asimmetria. Quindi questo è uno choc asimmetrico che colpisce solo l’industria Ue e nel lungo periodo, se non riusciamo a limitare i prezzi energetici, potrebbe sfociare in una sua espulsione dai circuiti di scambio internazionali, a vantaggio dei competitor internazionali”. Insomma bisogna muoversi in fretta. La prima metà dell’anno ormai è data per persa: Ref, come il Centro studi di Confindustria, si attende che l’Italia entri in recessione tecnica, con il pil in calo per due trimestri consecutivi. La scommessa è su estate e autunno: “Se per allora non si esce da questo quadro e l’inflazione persiste su questi livelli, deprimendo la crescita e influenzando negativamente anche il 2023, avremo davanti una recessione grave“.

Oltre alle azioni del governo ci sono però anche altre variabili. A partire dal comportamento dei consumatori, la cui fiducia a marzo ha subito secondo l’Istat una forte flessione e il cui potere d’acquisto è sceso notevolmente. “Da questo punto di vista la situazione è molto peggiore che negli anni Settanta”, sottolinea De Novellis, “allora i salari reali crescevano del 4% all’anno e con lo choc petrolifero si fermarono, invece nel 2021-22 hanno subito una caduta superiore al 5%: per trovare un andamento simile bisogna tornare indietro alle svalutazioni di inizio anni Novanta”. Un problema finora rimasto sottotraccia, ma che secondo Confindustria affosserà i consumi delle famiglie allontanando il ritorno ai livelli pre pandemia. De Novellis si aspetta comunque che “questa mazzata sia limitata nel tempo, perché l’inflazione non resterà a lungo su questi livelli. E il consumatore nel breve periodo potrà difendersi cercando di ridurre i consumi energetici e la domanda dei beni che rincarano di più, durevoli e non”. Ipotizzando che vada così, “non è detto che non si possa “salvare” la parte di ripresa post restrizioni Covid che ci aspettavamo, quella legata al rimbalzo dei servizi, dal turismo all’intrattenimento. Mentre è probabile che il boom delle costruzioni trainato dagli incentivi si spenga, visto l’aumento dei costi”.

Se questo scenario si materializzerà, in estate dovremmo assistere a una nuova crescita dei posti a termine nel terziario mentre gli occupati del manifatturiero, nonostante la battuta di arresto, saranno preservati dalla cassa integrazione. L’impatto sul mercato del lavoro, dunque, nel breve non dovrebbe essere pesante. Come è evidente, tutto è però appeso a molti “se”. E senza rapidi interventi per mettere un freno alle quotazioni dell’energia la stagflazione potrebbe non restare un ricordo.

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