I nostri club fuori dall’Europa che conta. La nostra nazionale fuori dai Mondiali, un’altra volta. Solo a pensarci mette i brividi. Dopo aver assistito al naufragio italiano nelle coppe europee, la piccola Serie A si ferma per lasciare spazio agli spareggi degli azzurri contro Macedonia del Nord e Portogallo (o Turchia). Insomma, è la settimana della verità per il pallone italiano. La settimana in cui il nostro calcio si salva. Oppure affonda. Nazionale e club sono due facce della stessa medaglia del movimento calcistico di un paese. Due universi paralleli, che possono anche non incontrarsi mai nello stesso punto. Ci sono state squadre di club che hanno trionfato in anni di magra assoluta per le rispettive nazionali, o viceversa. Ma certo esiste una qualche correlazione: non si può ignorare il filo sottile che accomuna il nostro calcio, a tutti livelli, quando si va a confrontare col resto del mondo.

La settimana scorsa, la figuraccia casalinga della Juventus contro il Villarreal ha scatenato il dibattito tra chi la considerava un fallimento di tutto il calcio italiano e chi solo dei bianconeri. Come al solito la verità sta nel mezzo. È evidente che l’eliminazione contro una squadra di seconda fascia spagnola, dopo due partite all’insegna dell’anticalcio, possa essere attribuita soltanto ad Allegri e agli investimenti sbagliati di Agnelli. D’altra parte, la Juventus è stata a lungo il migliore (se non proprio l’unico) prodotto italiano esportabile in Europa, e se queste sono le figure che rimedia dovremmo preoccuparci un po’ tutti. Possiamo appellarci alla sfortuna dell’Inter, che magari con un altro sorteggio sarebbe andata avanti. Aggrapparci all’Atalanta in Europa League (con tutti giocatori stranieri e un modello molto poco italiano, però). La verità, nuda e cruda, è che semplicemente in Serie A – un campionato modesto, sempre più livellato verso il basso o semplicemente scarso come dimostra la lotta scudetto – si gioca un calcio lontano anni luce dai vertici europei, sia per divario tecnico (con le big del continente), che per intensità. E così tutte le nostre squadre, ciascuna per le sue ragioni e con i suoi limiti, quando mettono il naso fuori dai confini rimediano sonore sconfitte.

Di qui al momento difficile della nazionale il passo non è scontato ma sembra davvero breve. Nella lista dei convocati di Mancini per gli spareggi, su 33 giocatori soltanto 11 giocano nel Milan, Napoli, Inter o Juventus, dove come visto già il contesto non è sufficientemente competitivo, figuriamoci in provincia. L’angosciante crisi di talento (non abbiamo un 10 degno di questo nome) si trascina da anni, l’assenza di un bomber è talmente conclamata da aver costretto il ct a richiamare il redivivo Balotelli o a naturalizzare il brasiliano Joao Pedro (che in campionato ha fatto un gol negli ultimi tre mesi). Poi le squadre sono molto di più della somma dei singoli, infatti Mancini è riuscito perfino a vincere un Europeo. Però quel trionfo, che oggi qualcuno vorrebbe utilizzare come una stelletta al petto (e magari come un salvagente in caso di terremoto politico) non deve ingannare: due mancate qualificazioni consecutive ai Mondiali direbbero molto di più sullo stato del movimento di un trofeo meritato ma rocambolesco, episodico come solo due successi ai rigori e uno ai supplementari su quattro partite decisive possono essere.

Che ci sia un nesso diretto o sia solo un’infelice coincidenza, i risultati parlano chiaro. A livello di club, abbiamo appena due partecipazioni ai quarti (Atalanta 2020, Juventus 2019) nelle ultime quattro edizioni di Champions. Con la nazionale, rischiamo di sparire per 12 anni dal panorama mondiale. Con questi numeri, ci si può vantare ancora di essere una potenza del calcio? Perciò ora gli spareggi diventano doppiamente fondamentali. Non ci giochiamo soltanto la qualificazione in Qatar, come se non fosse sufficientemente importante da sola. Ne va dalla credibilità di tutto il calcio italiano, quel poco che ne resta.

Twitter: @lVendemiale

Articolo Precedente

Nevio Scala, il non-maestro: “I giovani? Bisogna lasciarli liberi di esprimersi, senza indottrinarli con troppi discorsi tattici”

next
Articolo Successivo

Paulo Dybala rompe con la Juventus: non c’è intesa sul rinnovo, a giugno può partire

next