Facebook è ufficialmente bloccato in Russia dal 4 marzo scorso, secondo l’agenzia d’informazione russa Interfax. Ma è proprio impossibile accedere? “Si e no, è vero che non solo Facebook, ma tutti i social in generale, sono stati prima rallentati e poi teoricamente chiusi, non al 100% però tant’è che molti utenti russi sono ancora sui social. Io ho contatti costanti”. Matteo Flora è professore in Corporate Reputation & Business Storytelling, CyberSecurity e Data Driven Strategies. Con PermessoNegato, di cui è presidente, si occupa anche del supporto tecnologico alle vittime di Pornografia Non-Consensuale (Revenge Porn). Insomma se sei curioso di capirci di più di algoritmi e internet, è tra le persone giuste che contattiamo. Gli sguardi del mondo sono puntati sulla rete libera: potrà in qualche modo scardinare il consenso interno alla guerra di Putin? I social, che tante volte sono “il male”, dunque in questo caso potrebbero invece essere una porta per far circolare informazioni non manipolate sempre che restino visibili. “Buona parte degli utenti sta avendo difficoltà ad accedervi, ma chi vuole uscire dalla censura e leggere informazioni che provengono da fuori, esce e lo fa. Diciamo che l’annuncio di spegnere tutto è più una manovra politica, una minaccia: ti faccio abbandonare lo spazio di informazione aperta che è la rete non mediata. Ma attenzione, quello che per il regime russo è urgente bloccare sono gli utenti occasionali, cioè coloro che non hanno realmente l’interesse di aggirare le limitazioni”. O forse che non hanno neanche le capacità e la consapevolezza, aggiungiamo noi. Gli utenti occasionali, infatti, sono comunque anche i più numerosi, navigatori comuni, non esperti. Controllarli, manipolarli è la priorità affinché non si accorgano della bolla in cui navigano. Le guerre si vincono anche con la propaganda, si sa. Tenere all’oscuro la propria popolazione su quanto sta realmente accadendo in Ucraina oggi è una priorità per Putin.

M.M è ingegnere presso l’Istituto centrale di motori aeronautici, in pratica è impegnato in test sui motori a reazione dell’aviazione non solo russa, compresi i nuovi motori dall’Europa. Ha un profilo Instagram e uno chiuso su Vk, il Facebook Russo per intenderci. È tra gli utenti che raggiungiamo e con cui siamo in contatto da giorni. Non vuole che pubblichiamo il suo nome integrale, non è un utente occasionale, naviga e riesce ad aggirare i blocchi e quindi anche a leggere le notizie pubblicate dai media occidentali, ma nonostante tutto non crede quasi a nulla. Per esempio il giorno in cui si è diffusa la notizia di migliaia di manifestanti arrestati in Russia nelle proteste per la pace gli chiediamo un commento: “È impossibile arrestare così tante persone, irreale – ci dice. – Inoltre, non c’era così tanta gente ai raduni. Si capisce dalle foto, dai. E comunque nella TV russa noi invece vediamo reportage sulle manifestazioni del Partito Comunista d’Italia a sostegno del Donbass e della Russia”. Manifestazioni in Italia a sostegno della Russia? Mah…

Matteo Flora per rompere la bolla della disinformazione possiamo sperare veramente nei social network? Proprio loro che ne sono stati e ne sono tutt’ora veicolo di diffusione? “Reddit la settimana scorsa ha condiviso un video incredibile: decine di influencer famosi in Russia, uno affianco all’altro, che su TikTok leggono esattamente lo stesso testo, cioè difendono l’invasione dell’Ucraina”. Vedetelo, pronunciano lo stesso identico discorso propagandistico. “Si, è evidente che qualcuno gli ha passato una velina. La propaganda, anche quella interna, pensa che di base le persone siano stupide”. Reddit, un social news aggregator in cui gli utenti, i redditor, sono creatori di contenuti, nonché consumatori e curatori, comunque ha smascherato l’operazione e chi vuole può rendersene conto. C’è solo da sperare che progressivamente il numero di cittadini russi desiderosi di vederci chiaro aumenti. Ma la situazione si complica giorno dopo giorno. Venerdì scorso per esempio il Guardian ha dato una notizia sconvolgente: TiK Tok si prepara a funzionare a due velocità diverse, una in Russia e una nel resto del mondo. “Significa che mentre noi vediamo i contenuti di tutti, in Russia i russi vedono solo i contenuti fatti dai loro concittadini più una serie di contenuti vecchi che saranno di volta in volta autorizzati – spiega Flora. – Ecco creata la prima versione pratica all’interno dei social network di un internet divisa che funziona in modo differente a seconda dei contesti a cui noi la applichiamo. Pensate a che cosa potrebbe succedere se ogni social network avesse non più una base globale ma una base nazionale in cui ogni paese impone una serie di suoi vincoli”. Immaginarlo non è difficile, sicuramente è una tendenza da scongiura.

Il giorno del bombardamento russo sull’ospedale pediatrico di Mariupol, torniamo a scrivere ad M.M. l’ingegnere ventenne di Mosca con cui siamo in contatto. Lui ci risponde: “È tutto falso. L’ospedale era disabitato. Dentro c’erano i combattenti del battaglione nazista Azov”. La stessa versione che impazza nei gruppi separatisti su Telegram. Ora sia chiaro le tecniche manipolatorie dell’informazione non sono appannaggio solo di Putin. L’Oxford Internet Institute nei suoi report globali sulla manipolazione nei social media, che pubblica già da alcuni anni, dice chiaramente già che campagne organizzate di manipolazione dei social media avvengono in più di 70 paesi nel mondo. Il trend è in crescita anno dopo anno. I social sono utilizzati principalmente da molti regimi autoritari. La Cina è uno dei principali attori nel sistema globale della disinformazione, ma le «campagne organizzate di manipolazione dei social media» sono avvenute anche in paesi democratici, tra cui l’Italia. Va detto, per la precisione, che il potere delle cybertruppe nostrane non è certo paragonabile a quello delle medesime strutture operanti nei regimi autoritari individuati dai ricercatori di Oxford. Ma anche in casa nostra qualche danno l’hanno fatto. Non ci siamo fatti mancare niente. È esattamente quello che è accaduto per esempio nelle elezioni politiche del 2018 e nelle europee del 2019, come ci spiega bene il professor Fabio Giglietto, Associate Professor of Internet Studies all’Università di Urbino, principal investigator “Mapping Italian News – Research Program”. Giglietto studia cioè con il suo team di ricercatori universitari gli attori dei social media che cercano di manipolare l’opinione pubblica sfruttando le vulnerabilità dell’ecosistema dei media contemporanei.

“Molte notizie spinte e divenute virali nelle campagne elettorali italiane 2018/2019 hanno favorito il fronte anti-immigrazione e la propaganda di estrema destra – continua Giglietto – e molti dei notiziari condivisi da queste reti, così come alcune delle pagine di Facebook coinvolte in comportamenti coordinati, erano già nella black list delle fake news e dei siti hyper partisan [siti cioè che combinano verità decontestualizzate, falsità ripetute e salti logici per creare una visione del mondo ideologicamente orientata, nda]». Purtroppo alcune di queste reti, come Mag24, stanno tonando in azione anche in questi giorni di guerra ci dice il professor Giglietto. “Parliamo di un Network di 7 pagine facebook che rilancia un sito noto per essere di scarsissima qualità, con punteggio 0 su NewsGuard, che sta diffondendo le bugie di Putin, usando immagini click-bait con link nel primo commento del post. In più lo fanno con delle tecniche miste di coordinamento e di spam, quindi violano almeno tre policy di facebook in modo piuttosto plateale”. La rete di cui parla Fabio Giglietto è infatti ben documentata anche nel loro ultimo report “Mapping nefarious social media actor to speed-up Covid-19 fact-checking”. “La cosa che mi irrita – continua il professore di Urbino – è che pur essendo notissimi da anni, si riciclano indisturbati. Una volta fanno propaganda contro gli immigrati, poi a favore dei no green pass e no vax e adesso cavalcano le posizioni filo Putin”. Ma perché non si riesce a bloccarli? “Perché l’approccio dei social network e in questo caso di facebook al fact-checking è senz’altro rigoroso ma molto restrittivo”. Sia più chiaro: un esempio. “Se questo network o qualunque altra pagina dice che a diffondere quella notizia (falsa) è stato un giornalista o un personaggio famoso e costruiscono un meme con la faccia di quell’autore che rilancia la notizia (falsa), tecnicamente questa roba non è percepita dal social come bufala, bensì come un’opinione. perché racconta qualcosa detto da qualcuno. Capisce come è facile aggirare la verifica? Per questo le reti di disinformazione cercano testimonial per far passare i loro messaggi manipolatori, perché si fanno così scudo e sono liberi di diffondere falsità”. Ma persino in questa guerra, in cui non c’è dubbio chi sia la vittima e chi l’aggressore, hanno seguito? “Purtroppo si – conclude Giglietto – e i siti rilanciati da questi network ospitano anche la pubblicità di Google che dunque guadagna su queste operazioni”. Alcune delle bufale che hanno tenuto banco in Italia per esempio nel periodo clou degli sbarchi stanno tornando di moda altrove. “In Moldavia sta girando quella dei 35 euro per ciascun profugo ucraino” ci fa un esempio Matteo Flora. “La macchina è la stessa di sempre. Esiste un coordinamento centrale che rilancia temi che diventano appannaggio delle reti di disinformazione ma individuare il paziente zero è difficile. Gli stessi messaggi manipolatori finiscono per essere riutilizzati in contesti differenti”. Insomma parliamo di macchine manipolatorie che di volta in volta si riciclano sul tema del momento e che hanno in comune il macro obiettivo della destabilizzazione per esempio di entità come l’Unione Europea. Putin da anni cerca di corrompere le democrazie occidentali, finanziando movimenti nazionalisti, elargendo soldi a partiti no euro, provando a inquinare elezioni e dibattito politico.

Ma tornado ai social in Russia. Le ultime news sul versante blocco sono di venerdì scorso. Instagram ha chiuso. BBC ha confermato mentre Whatsapp continua a funzionare. Ma vale quanto detto all’inizio, chi vuole può aggirare il blocco. Come si fa ce lo spiega Paolo Attivissimo, cacciatore di bufale, esperto informatico, collaboratore della RadioTelevisione Svizzera. “Twitter ha attivato un accesso tramite Tor che permette di eludere questo blocco restando ragionevolmente anonimi. Questo accesso a Twitter tramite Tor funziona anche in altri paesi come la Cina, l’Iran o la Corea del Nord”. Sul suo blog c’è anche una sorta di tutorial su come installarlo “è stato pubblicato anche un elenco di stazioni radio accessibili sempre tramite Tor, come la BBC, Deutsche Welle, Radio Free Europe/Radio Liberty in numerose lingue”.

È dal 2014 che la Russia sta facendo propaganda in Ucraina. “Molti studi avevano già confermato la complessità e ingerenza della propaganda russa nel panorama internazionale. – spiega Flora. – Dati che nelle oltre 150 pagine di Russian Social Media Influence: Understanding Russian Propaganda in Eastern Europe, volume del 2018 della Rand Corporation, portano già da quell’anno a conclusioni senza mezzi termini: “Oltre a impiegare una rete televisiva multilingue finanziata dallo stato, a gestire vari siti web di notizie che supportano il Cremlino e a lavorare attraverso diverse costellazioni di organizzazioni della società civile sostenute dalla Russia, la Russia impiega una sofisticata campagna di social media che comprende tweet di notizie, commenti non attribuiti su pagine web, account di troll e bot sui social media e campagne di hashtag e Twitter falsi. Da nessuna parte questa minaccia è più tangibile che in Ucraina, che è stata un attivo campo di battaglia di propaganda dalla rivoluzione ucraina del 2014”. Ora bisognerà vedere cosa accadrà nelle prossime settimane anche alla luce del devastante episodio per il regime di Putin che lunedì sera ha visto protagonistala redattrice Marina Ovsyannikova che ha fatto irruzione in diretta in prima serata sulla Tv di Stato russa esponendo un cartello durante il telegiornale con la scritta “No Guerra”. Chiediamo a Flora cosa secondo lui possiamo aspettarci. “Bisognerà vedere come cambierà l’approccio ai media. La cosa più probabile sarà una più forte offensiva sul fronte della Propaganda in Occidente, appena avuto il tempo di riorganizzarsi”. Di parere analogo è anche il professor Giglietto, che alla luce delle ultime rilevazioni fatte conclude: “Ho la sensazione che l’ondata emotiva dei primi giorni (legata secondo me anche alla scelta vincente dei servizi US di allertare pubblicamente dell’attacco imminente) si stia esaurendo. La propaganda che abbiamo visto all’opera in questi anni lavora su tempi medio lunghi ed è difficile che i dubbi insinuati con sistematica costanza non facciano breccia”.

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