Dopo 26 anni di turbolenta presenza, la Russia non fa più parte del Consiglio d’Europa. L’organizzazione internazionale nata nel 1949 per difendere democrazia e diritti umani e che comprende tutti gli Stati del continente tranne la Bielorussia, ne ha decretato l’esclusione a causa dell’invasione militare dell’Ucraina. Ma il governo di Mosca ha giocato d’anticipo, ritirandosi spontaneamente dal Consiglio un giorno prima che il suo organo supremo, il Comitato dei Ministri, prendesse la decisione finale.

Mossa preventiva – Già all’indomani dell’attacco all’Ucraina, il 25 febbraio, il Consiglio d’Europa aveva lanciato la procedura prevista dall’articolo 8 del suo Statuto, sospendendo il rappresentante russo. E già allora il governo di Vladimir Putin aveva provato a “trasformare” l’esclusione in una decisione spontanea: “I membri della Nato e i loro fedeli seguaci nell’Ue stanno trasformando la più antica organizzazione d’Europa in un altro luogo dove decantare la superiorità e il protagonismo dell’Occidente. Lasciamoli divertire tra loro”, aveva detto il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov il 10 marzo, annunciando che il suo Paese non avrebbe più preso parte alle riunioni.  Il copione si è ripetuto quando il Comitato dei Ministri, formato dal titolare degli Esteri di ognuno dei 47 Stati membri (in questo caso 46), ha richiesto all’Assemblea parlamentare del Consiglio di discutere un’eventuale espulsione definitiva. Dopo due giorni di dibattito, il 15 marzo l’organo deliberativo composto dai parlamentari dei Paesi membri ha approvato all’unanimità una relazione che considera la Federazione Russa inaccettabile nell’organizzazione. Il giorno stesso il Cremlino aveva annunciato il suo ritiro, accusando i Paesi occidentali di compromettere il ruolo dell’organizzazione e anticipando di fatto la decisione scontata del Comitato dei Ministri, che si è poi concretizzata l’indomani.  “E pensare che proprio Gorbaciov aveva definito il Consiglio d’Europa ‘la nostra casa in comune’. Per un quarto di secolo la Russia è stata la benvenuta in questa casa, ma dopo le ultime due settimane non ha più posto nella nostra famiglia”, dice al Fatto.it Ingjerd Schou, la parlamentare norvegese titolare della relazione che chiede l’esclusione. “I nostri appelli a cessare le ostilità e a rispettare il diritto bellico sono caduti nel vuoto. Siamo arrivati a un punto in cui il dialogo non è più sostenibile, se ottiene poco o nulla”.

Le conseguenze dell’esclusione – Uscendo dal Consiglio, la Russia denuncia la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, cosa che mette fine alla giurisdizione nel Paese (e nei territori controllati de facto) della Corte europea dei diritti dell’Uomo. “Milioni di persone saranno private di questa protezione – spiega Ingjerd Schou – anche se le autorità russe hanno spesso ignorato i dettami della Corte di Strasburgo”. Come si evince dal rapporto annuale del Consiglio, solo nel 2020 le autorità di Mosca non hanno dato esecuzione a 1789 sentenze, un numero di gran lunga superiore a quello di tutti gli altri membri (il secondo è la Turchia con 624 casi pendenti).  Ma l’esclusione ha anche una forte valenza simbolica, visto che l’unico Paese ad abbandonare il Consiglio d’Europa prima d’ora era stato la Grecia nel 1969 nel periodo della cosiddetta “dittatura dei colonnelli”, prima di rientrare nel 1974 con la nascita della Repubblica. “Stiamo dicendo al Cremlino che hanno superato una linea rossa, aumentando la pressione per mettere fine a questa brutale aggressione e mandando un segnale di sostegno all’Ucraina”, afferma la parlamentare norvegese. “È un momento triste per la nostra istituzione, ma necessario”. Il Consiglio è del resto il più autorevole organo europeo posto a difesa dei diritti umani e annoverava fra i suoi membri sia Russia che Ucraina, insieme ad altri 45 Paesi: i 27 dell’Ue e tutti gli altri del continente, dall’Islanda fino a Turchia, Georgia, Armenia e Azerbaijan. Il ritiro della Russia è di certo un passo netto nella direzione dell’isolamento dalla comunità internazionale e potrebbe prefigurarne un altro ancora più significativo: l’esclusione dall’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Ma come accade per le sanzioni imposte dai Paesi occidentali al Cremlino, i primi a scontare gli effetti concreti della decisione saranno i cittadini russi, anche se Ingjerd Schou è sicura che l’istituzione possa ancora trovare un modo per aiutarli dall’esterno. “C’è messaggio per tutti coloro che in Russia sono contro la guerra o ne sentono parlare solo in una versione distorta. L’Europa li aspetta, quando sarà il momento”.

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