Da un maestro del palcoscenico a uno della macchina da presa, il 3 debutta in Italia anche Voyage of Time, nella sua versione lunga, ma solo un’ora e venti, non temete, di Terrence Malick. Schivo quasi come il suo autore, in quanto film del 2016, in realtà ne esiste una versione con minutaggio ridotto alla metà, dove la voce narrante è quella di Brad Pitt. Qui anche producer. Nella versione lunga e in sala invece si ascolta Cate Banchett.

Ambiziosissimo, punta a raccontare la storia del mondo dal viscerale punto di vista della Madre Terra. Pianeta vivo e pulsante rappresentato ipnoticamente da esplosioni stellari senza tempo, i reietti e i senzatetto di oggi, le meduse e i crateri sul mare offerti dal National Geografic, le riprese sui riti religiosi occidentali e asiatici, le ricostruzioni delle evoluzioni animali da pesci ad anfibi, e tante altre immagini sontuose, questo visionario cantico di pace avvolge lo spettatore con un linguaggio da videoarte e una voce che come preghiera laica ci prende per mano. Opera iperbolica non facile neanche per i più accaniti ammiratori di Tree of Life e La sottile linea rossa, sfama gli occhi e stimola la mente lasciando con l’enorme curiosità sul prossimo tema che potrà decidere di affrontare Malick.

Cornucopia d’immagini a suggestioni new age e testo filmico aperto a tante interpretazioni, a suo modo Voyage of Time è un film di pace. Di questa abbiamo assoluto bisogno.

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