Se mai ve ne fosse bisogno. è arrivato anche il tweet del politico polacco ed ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk a chiarire come mai le sanzioni sul tavolo di Bruxelles siano misure poco più che simboliche. Italia, Germania e Ungheria si sono opposte agli interventi più severi (e su alte misure anche la Francia avrebbe storto il naso). Fatto che, secondo Tusk, getta nel disonore questi paesi.

Germania e Italia, va detto, sono i paesi che più hanno da perdere da una guerra economico finanziaria con Mosca. Si possono condividere o meno le accuse degli altri paesi, certo è che la posta in gioco cambia sensibilmente da una capitale all’altra. Sia Italia che Germania dipendono fortemente dal gas russo che copre oltre il 30% del fabbisogno dei due paesi. Ogni anno passano dal Tarvisio 30 miliardi di metri cubi di gas russo che transitano anche attraverso l’Ucraina. Un flusso che non si è mai assottigliato, neppure nelle ultime caldissime ore. Berlino ha fatto la mossa di sospendere l’entrata in funzione del gasdotto Nord Stream 2, raddoppio di una persistente condotta che corre direttamente dalle coste russe a quelle tedesche con una capacita di 55 miliardi di metri cubi l’anno. In concreto cambia poco, il gasdotto è pronto da mesi ma non è mai entrato in funzione, sospendere non significa cancellare. Intanto l’ex cancelliere Gerhard Schroeder continua a sedere nel consiglio direttivo del colosso statale russo Rosneft.


di Manolo Lanaro

L’Italia ha un altro punto di grave vulnerabilità. Le sue banche sono, insieme a quelle francesi, quelle che in valori assoluti hanno la maggiore esposizione verso Mosca, in tutto circa 25 miliardi di euro. Unicredit ha una divisione nel paese che copre circa l’1% del mercato russo. Intesa Sanpaolo gestisce molte delle transazioni commerciali tra Italia e Russia. Non è un caso che ieri Unicredit abbia perso in borsa il 13% e Intesa Sanpaolo oltre l’8%. L’Italia sarebbe persino riuscita ad ottenere di esentare dalle sanzioni i marchi del lusso. A Mosca nessuna dolorosa penuria di borse Prada o completi Armani in vista.

Draghi fa l’interesse del paese di cui è capo del governo ma non si può notare come le posizioni italiane (e tedesche) stridano con le dichiarazioni ufficiali. “L’Italia condanna con assoluta fermezza l’invasione, che giudichiamo inaccettabile. L’attacco è una gravissima violazione della sovranità di uno stato libero e democratico, dei trattati internazionali, e dei più fondamentali valori europei” ha affermato questa mattina Draghi alla Camera aggiungendo che “Per quanto riguarda le sanzioni, l’Italia è perfettamente in linea con gli altri Paesi dell’Unione Europea, primi tra tutti Francia e Germania”, affermazione in effetti si può leggere con una doppia chiave interpretativa. “La difesa dei nostri valori” contro l’aggressione di Vladimir Putin “ha un prezzo che siamo pronti a pagare”, ha detto invece poco fa il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, in conferenza stampa all’Ecofin informale di Parigi con i colleghi Ue.

Mentre piace tantissimo proiettare la bandiera ucraina ovunque, dalla Tour Eiffel, al Parlamento europeo fino alla diapositiva del Colosseo (probabilmente con luce generata da centrali che alimentate con gas russo) in concreto si fa finta di fare qualcosa. Oggi il Consiglio Affari Esteri ha dato il via libera al congelamento degli asset di Vladimir Putin e del ministro degli Esteri Serghei Lavrov. La misura sarà inclusa nel secondo pacchetto di sanzioni la cui approvazione sarà finalizzata stasera. Ma i patrimoni russi sono tranquillamente custoditi tra Londra e le altre giurisdizioni segrete senza che nessuno sappia ufficialmente a chi appartengono. Lo scorso 8 febbraio lo yacht lungo 100 metri “Graceful” (Grazioso) che si ritiene appartenga a Putin, ha lasciato placidamente il porto tedesco in cui era ormeggiato. Unico effetto tangibile delle preannunciate “sanzioni mai viste”.

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