“Sembra banale ma qui ad essere stati affossati sono stati gli unici due quesiti proposti dai cittadini con un’ampia raccolta di firme. Ci siamo sentiti offesi e umiliati anche dalle modalità di comunicazione dell’esito, soprattutto sul referendum Cannabis. Con una conferenza stampa, quindi possiamo appigliarci solo a delle parole pronunciate verbalmente, non abbiamo a oggi nulla di scritto”. Così Antonella Soldo, tra i promotori del Referendum sulla Cannabis, durante la conferenza stampa in risposta alle dichiarazioni della Consulta dopo la decisione di inammissibilità dei quesiti referendari su Cannabis e Eutanasia legale.

“Oggi tutti i giornali titolano Amato-show, ma noi dal Presidente non ci aspettiamo uno show ma garanzia di terzietà, di sobrietà e di inappellabilità che hanno già – ha aggiunto Soldo – Non era necessaria questa modalità di comunicazione di una verità unica che noi oggi dobbiamo confutare colpo su colpo per ripristinare soprattutto quello che è stato minacciato ieri, la nostra credibilità”. Soldo ha quindi specificato che i titoli del referendum non spettano ai promotori. “Quello del Referendum cannabis non si poteva chiamare così perché in Italia esiste il testo unico sugli stupefacenti”, ha incalzato. “La nostra campagna era sulla legalizzazione e coltivazione domestica della cannabis per questo abbiamo toccato il comma 1 famoso dell’articolo 73, sul quale il presidente ha detto che ci siamo sbagliati. Noi oggi ci troviamo a rispondere ai giornalisti come se fossimo dei ragazzini sprovveduti, dei fattoncelli che si sono incontrati al parco e hanno deciso di promuovere un referendum senza interessarsi nemmeno di conoscere un minimo di abc di diritto costituzionale. Non è così. Il riferimento era d’obbligo”.

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