Le pattuglie della Digos e le camionette del Reparto mobile della polizia per interrompere l’occupazione degli studenti nel liceo, su input del preside e con il via libera di questore e prefetto. E i professori si schierano con gli studenti: “Un fatto senza precedenti – scrivono in un documento 41 insegnanti – che danneggia fortemente l’immagine del liceo e mette a durissima prova la fiducia dei nostri ragazzi nei confronti delle istituzioni”. Tutto accade al liceo scientifico Enriques di Livorno, scuola tra le più prestigiose della città, dove pure è arrivata l’onda lunga delle proteste nazionali. Ma anche l’intervento – con vari mezzi – delle forze dell’ordine, richiesto dal dirigente Marco Benucci per evitare che la presenza degli studenti a scuola si protraesse anche di notte. Risultato: alle porte della scuola si sono presentati gli agenti del Reparto mobile – che di solito si occupano di ordine pubblico ai cortei e allo stadio – per costringere gli studenti ad uscire dall’istituto.

La dirigenza scolastica, la prefettura e la questura affermano che si sia trattato di un intervento necessario per impedire lo svolgimento di un concerto all’interno della scuola, ma studenti e professori smentiscono questa ricostruzione. Il concerto che preside e questore volevano evitare era già finito prima delle 19, dicono i ragazzi: “Ci stavamo preparando a rimanere nell’edificio per protestare e far sentire la nostra voce”, come era avvenuto già per quattro sere dall’inizio della protesta. “Fino a quel momento – conferma Patrizia Nesti, insegnante di lettere e Rsu – le attività di autogestione e l’occupazione serale erano state condotte senza problemi e con l’accordo anche della dirigenza. La richiesta da parte del dirigente scolastico di far intervenire la polizia, delegando all’ordine pubblico la gestione della scuola nel corso di una legittima protesta non solo è inaccettabile ma anche incomprensibile“.

Proprio la mattina dei fatti una delegazione di studenti di varie scuole della città aveva incontrato le autorità, tra le quali il prefetto Paolo D’Attilio e il questore Roberto Massucci. “Il prefetto si è dichiarato disponibile a inviare una lettera al governo – racconta Alberto, rappresentante degli studenti dell’Enriques – ma noi abbiamo bisogno di risultati concreti, abbiamo chiesto un tavolo, dicendo che avremmo portato avanti la protesta”. Ma quella stessa sera è arrivato lo sgombero in forze.

L’intervento della polizia ha provocato l’indignazione e le proteste di sindacati, associazioni e partiti. E soprattutto gli studenti incassano il sostegno dei loro insegnanti che esprimono “disapprovazione per le modalità con cui venerdì sera gli studenti intenzionati a permanere all’interno della scuola sono stati costretti a lasciare i locali dell’edificio”. “Questi alunni – si legge nel documento firmato al momento da 41 docenti – dopo due anni di restrizioni determinate dalla pandemia si sono riappropriati autonomamente di spazi e forme di socialità alle quali erano stati costretti a rinunciare per troppo tempo, e le hanno usate anche per esprimere in modo civile il loro dissenso rispetto a una serie di politiche scolastiche, rivendicando nei fatti il diritto alla protesta messo in discussione dalle azioni repressive attuate di recente contro alcuni cortei studenteschi”. Secondo i professori, dopo che gli studenti “per tutta la settimana scorsa hanno dato grandi prove di responsabilità”, si sarebbe dovuto cercare “una mediazione costruttiva e invece si è fatto ricorso all’intervento massiccio delle forze dell’ordine”. “La scuola è una comunità educativa – concludono gli insegnanti – in cui le tensioni e i conflitti devono essere gestiti dal dirigente e dal personale docente, e devono essere superati con gli strumenti del dialogo e del confronto, non con la minaccia della repressione. Auspichiamo quindi che fatti del genere non debbano più ripetersi in futuro”.

L’autogestione al liceo è ripresa e proseguirà fino a venerdì, giornata di manifestazioni studentesche a livello nazionale. I fatti di venerdì non sembrano aver intimidito chi porta avanti la protesta, anzi. Agnese, che frequenta il quinto anno afferma che con la seconda settimana di iniziative “nuove persone iniziano a partecipare, e anche se alcuni insegnanti non capiscono, ci sono studenti dei primi anni che prendono parte all’organizzazione dando alla protesta nuova energia“.

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