Erano accusati di violenza sessuale di gruppo su una 18enne in quel momento ubriaca: il primo per avere avuto con lei il rapporto in un appartamento di Ravenna e l’altro per avere incitato e filmato tutto con il proprio cellulare. I due giovani – un 30enne di origine romena e un 31enne di origine senegalese in passato calciatore semi-professionista in forza al Ravenna – sono stati assolti dal collegio penale del Tribunale della città romagnola “perché il fatto non costituisce reato”.

In attesa delle motivazioni, come ricostruito dall’agenzia Ansa, la sentenza sta sollevando numerose polemiche. All’epoca, dopo un primo arresto, i due furono scarcerati dal Riesame. Ma la Procura al termine del processo aveva proseguito nella propria linea e chiesto per entrambi la condanna a nove anni di reclusione e probabilmente impugnerà la sentenza. L’avvocata che ha assistito la vittima attende le motivazioni, ma parla già di “retaggio patriarcale”. I fatti risalgono alla notte tra il 5 e il 6 ottobre del 2017 quando la giovane, dopo avere bevuto alcolici in un locale ravennate, era stata portata a spalla fino a un appartamento del centro là dove per l’accusa era stata messa sotto alla doccia e aveva poi subìto gli abusi. I video di quei momenti, in seguito alla denuncia, erano stati sequestrati dalla polizia e i due ragazzi erano stati raggiunti da altrettante ordinanze di custodia in carcere. Il tribunale del Riesame di Bologna, sulla base anche dell’interpretazione di quei filmati, li aveva tuttavia scarcerati ritenendo che la giovane, sebbene “in uno stato di non piena lucidità”, fosse “pienamente in grado di esprimere un valido consenso al rapporto sessuale” e lo avesse espresso.

La tesi del rapporto consensuale e dei filmati girati nel contesto di una serata gioviale, è stata quella in buona sostanza portata avanti dalle difese. La ragazza, parte civile assistita dall’avvocato Elisa Cocchi, aveva chiesto un risarcimento di 100 mila euro per gli abusi che aveva ricostruito dopo alcuni giorni dai fatti attraverso flash in grado via via di colmare vuoti di memoria su quella serata. Per la pm Angela Scorza la giovane “non era in grado di prestare un consenso libero” e “le sue condizioni sono state strumentalizzate per soddisfare pulsioni sessuali”. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni è dunque plausibile un ricorso in appello della Procura. “Osservo che la pronuncia – ha commentato l’avvocato Cocchi all’ANSA – non è coerente con quanto emerso durante il dibattimento ed è assolutamente sconfortante e annichilente sotto il profilo giuridico e culturale. Verosimilmente la adduco a un retaggio ancora una volta di tipo patriarcale, per cui le condotte degli uomini abusanti vanno nella maggior parte dei casi giustificate”.

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