Dieci anni di remissione dalla leucemia linfocitica cronica grazie al trattamento con le CAR-T. È il traguardo che i ricercatori dell’Università della Pennsylvania hanno documentato con orgoglio sulla rivista Nature. I ricercatori, guidati dallo scienziato J. Joseph Melenhorst, hanno descritto l’eccezionale risultato registrato in due pazienti trattati nel 2011 con la rivoluzionaria terapia basata sull’infusione di cellule T del recettore chimerico dell’antigene, o CAR-T.

Si tratta di linfociti prelevati dai pazienti e poi geneticamente modificati in modo da potenziare la loro capacità di riconoscere e uccidere i tumori. Le CAR-T non solo hanno funzionato, ma il loro effetto è stato duraturo, arrivando al traguardo dei dieci anni. Dopo tutto questo tempo i ricercatori sono riusciti a rilevare ancora le cellule modificate. Non solo. Gli studiosi hanno osservato l’evoluzione delle CAR-T nel tempo, rilevando una popolazione molto attiva che è diventata dominante in entrambi i pazienti. “Queste cellule hanno continuato a mostrare caratteristiche anti-tumorali e una proliferazione continua”, spiegano gli scienziati. “Questi risultati ci aiutano a comprendere le caratteristiche delle cellule CAR T associate alla risposta antitumorale e alla remissione a lungo termine nella leucemia”, concludono.

Il traguardo è stato accolto con entusiasmo anche da Andrea Biondi, direttore scientifico del Centro di ricerca Tettamanti e direttore del Centro di emato-oncologia pediatrica Maria Letizia Verga della Clinica Pediatrica Università Bicocca di Milano. “Questa esperienza conferma che siamo all’inizio di una nuova pagina moderna della lotta al cancro che ha possibilità straordinarie”, dice, ricordando il traguardo più vicino a quello raggiunto da Melenhorst. “Si tratta della paziente Emily Whitehead che ha raggiunto i 9 anni di remissione grazie alle CAR-T, ma la sua malattia è la leucemia linfoblastica acuta”, aggiunge.

Anche nel centro di Monza dove lavora Biondi ci sono casi di remissione molto promettenti. “Ne abbiamo 3 e riguardano pazienti affetti dalla stessa malattia di Emily Whitehead e che sono in remissione da 3 anni senza aver mai avuto bisogno di ricevere un trapianto”, riferisce Biondi. Certo, la strada da fare è ancora lunga. “Dobbiamo ancora comprendere il perché questo approccio terapeutico funziona così bene su alcuni pazienti, mentre in altri è inefficace”, sottolinea Biondi. “Su questo la ricerca è molto attiva. Il nostro obiettivo – conclude – è quello di dare a più pazienti possibili la possibilità di beneficiare del trattamento con CAR-T”.

30science per il Fattoquotidiano.it

Lo studio su Nature

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