Era il febbraio 2021 quando Sergio Mattarella, nel commemorare il suo predecessore al soglio quirinalizio Antonio Segni, ricordava come quest’ultimo si fosse espresso, in un messaggio alle camere, contro la possibilità di rielezione del presidente della Repubblica. Così diceva Segni e così riprendeva Mattarella nel discorso celebrativo a 130 anni dalla nascita del primo: “La convinzione che fosse opportuno introdurre in Costituzione il principio della ‘non immediata rieleggibilità’ del Presidente della Repubblica.

In quell’occasione Segni definiva ‘il periodo di sette anni sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato’. Inoltre – aggiungeva – ‘la proposta modificazione vale anche ad eliminare qualunque, sia pure ingiusto, sospetto che qualche atto del Capo dello Stato sia compiuto al fine di favorirne la rielezione’. Di qui l’affermazione che ‘una volta disposta la non rieleggibilità del Presidente, si potrà anche abrogare la disposizione dell’art.88 comma 2° della Costituzione, che toglie al Presidente il potere di sciogliere il Parlamento negli ultimi mesi del suo mandato’.

Queste le parole di Segni e di Mattarella, che ancora campeggiano sul sito del Quirinale. Ma non è stata l’unica volta che l’inquilino del Colle ha menzionato illustri predecessori per ribadire la contrarietà alla rielezione, che – giova ricordarlo – si è verificata solo nel 2013 con Giorgio Napolitano. Difatti, Mattarella è tornato sulla questione citando anche Giovanni Leone e ricordando come anche il sesto presidente si fosse espresso contro l’ipotesi della rielezione.

Messaggi al ceto politico piuttosto chiari, certo, ma anche questioni costituzionali piuttosto rilevanti. Le dichiarazioni ufficiali di Mattarella, infatti, sembravano voler mettere fine, in piena pandemia, ad almeno una delle tante emergenze che attanagliano l’Italia: quella politica. Infatti è almeno da dieci anni che il presidente della Repubblica, su mandato esterno da un lato e su delega piena e incondizionata (si direbbe una resa) della politica parlamentare, governa direttamente, dando vita a quel semi-presidenzialismo di fatto che qualche tempo fa è stato evocato (e invocato) da Giorgetti e che da molti è stato stigmatizzato come se non fosse già pienamente vigente.

Ecco, le parole di Mattarella contro la rielezione sembravano voler dire che occorreva chiudere la fase dell’eccezione politica, quella di un presidente della Repubblica che invece di vigilare esercita l’azione di governo, e che almeno da quel punto di vista, stante l’attualità della pandemia, era senz’altro il caso di chiudere la partita e tornare a un più sano equilibrio dei poteri.

Al contrario assistiamo, a solo un paio di mesi o poco più di distanza dalle affermazioni su Leone, a un apparente ritorno di Mattarella sui suoi passi. Segno che l’emergenza pandemica è lungi dal chiudersi, ma che anche quella politico-costituzionale non solo non si chiude, ma si stabilizza con un pericoloso nuovo evento che rischia di consolidare l’eccezione di Napolitano. In altri termini, la rielezione di Mattarella di fatto istituisce la possibilità di un secondo mandato per il presidente della Repubblica. Una possibilità sulla quale le perplessità non erano solo di Segni, Leone e Mattarella stesso. Tanto che nella legislatura corrente Zanda e altri avevano presentato un disegno di legge costituzionale proprio per vietare la rielezione (e abolire il semestre bianco).

Se è vero che l’incontro tra Mattarella e le forze politiche salite al Colle per chiedergli una nuova disponibilità è andato bene, allora ci troviamo di fronte all’ennesima dialettica tra volontà e necessità, risolta appunto tramite l’invocazione di un principio superiore che deve fare strame delle regole ordinarie e che consente di contraddire quanto affermato a più riprese e in modo netto e chiaro nei mesi precedenti.

Occorreva invece un taglio decisionistico di questa circolarità emergenziale, che si pasce dell’idea che “non vorrei, ma sono costretto”. Ed è la direzione nella quale sembrava andare Mattarella nel comunicare apertamente la indisponibilità alla rielezione. Occorre, era il suo messaggio, tornare alla normalità.

L’apparente – se è vero quel che dicono i leader politici, nel momento in cui scrivo, ovvero che l’incontro al Colle per chiedere la rielezione “è andato bene” – ritorno di Mattarella sui suoi passi, al di là del giudizio sul settennato, è un messaggio sinistro e vuol dire una cosa sola: che lo stato di emergenza politica non solo non cessa, ma si sclerotizza rischiando di diventare permanente.

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