Marcello Pera, Letizia Moratti e Carlo Nordio. Ma non (per ora) Elisabetta Casellati. Matteo Salvini ha fatto i tre nomi del centrodestra per la presidenza della Repubblica: candidati che ha definito “non di bandiera”, ma che di fatto sono molto legati alla forze politiche e difficilmente potranno raccogliere il consenso al di fuori dei banchi di Fi, Lega e Fdi. “Nessuno di loro ha una tessera di partito ma hanno ricoperto ruoli importanti”, ha detto Salvini nel corso della conferenza stampa di presentazione. A contare, in questo momento di stallo politico, è la prima mossa: il centrodestra ha fatto il gesto, il centrosinistra ha risposto dicendo che non contrapporrà un’altra rosa e ha rilanciato chiedendo un incontro. Molto probabilmente l’accordo non sarà raggiunto su nessuno di questi nomi. A mancare, rispetto alle indiscrezioni della vigilia, è il nome della presidente del Senato Casellati e secondo alcuni è una strada voluta proprio per non “bruciarla”: “La presidente del Senato, Elisabetta Casellati non è nella nostra rosa dei candidati perché vogliamo che le cariche istituzionali siano tenute fuori e abbiano in sé la dignità di essere una possibile scelta”, ha detto Salvini.

Il primo nome fatto dagli alleati è quello di Marcello Pera. Classe 1943, è stato senatore Fi e Popolo delle Libertà dal 1996 al 2013 e ha ricoperto l’incarico di presidente del Senato nella XIV legislatura. Come ricordato da Fabrizio d’Esposito su il Fatto quotidiano a dicembre scorso, Pera è un “teorico liberale dell’impunità berlusconiana e poi clericale di destra di marca ratzingeriana”. Proprio negli ultimi anni si è schierato contro il pontificato di papa Francesco, a fianco di monsignori e cardinali che successivamente si sono rivelati fieramente No vax (dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò a Raiymond Leo Burke). E, scriveva sempre d’Esposito, proprio Pera ha definito il pontificato di Bergoglio “un oltraggio alla ragione“. Ed è arrivato fino ad evocare uno scisma: “Bergoglio sostituisce alla cattolicità un umanesimo secolare. Di questo passo, possiamo arrivare allo scisma. Vedo la Conferenza episcopale Americana piuttosto vivace e presto potrebbero svegliarsi altre, penso ad esempio a quella della Polonia”. Da tempo Denis Verdini, hanno raccontato i giornali in questi mesi, aveva rilanciato il nome di Pera nella sua rosa personale di nomi ideali per il centrodestra.

Letizia Moratti, classe 1949, è attualmente assessora al Welfare e vicepresidente della Regione Lombardia. E’ stata presidente della Rai (1994-1996) nel primo governo Berlusconi e poi durante il governo Dini. Ha ricoperto il ruolo di ministra dell’Istruzione (2001-2006), dove fu la protagonista di anni di forti contestazioni per gli interventi in favore della scuola privata. Eletta sindaca di Milano nel 2006, non fu poi riconfermata dopo il primo mandato quando venne sconfitta da Giuliano Pisapia. E’ stata presidente del CdA di Ubi Banca dal 2019 al 2020. Nel suo curriculum, è stato già ricordato in questi giorni, c’è anche una condanna della Corte dei conti lombarda arrivata nel 2009, poi confermata dalla Cassazione nel 2019: Moratti, insieme ad alcuni consulenti e dirigenti, fu condannata a pagare 360mila euro danno erariale per la vicenda delle cosiddette “consulenze d’oro”. Si trattava di “illeciti conferimenti di incarichi dirigenziali” a sei persone e per “non consentite nomine di addetti all’Ufficio Stampa comunale” per altre sei. Le sentenze furono impugnate sia dalla Procura regionale della Lombardia, sia dagli amministratori pubblici che avevano chiesto di essere assolti. La sentenza d’Appello è arrivata il 22 dicembre del 2016 : la Corte dei Conti centrale ha condannato Moratti e gli ex assessori a pagare oltre un milione di euro, circa 591 mila euro solo per l’ex prima cittadina.

Carlo Nordio, classe 1947, è un ex magistrato. E’ stato procuratore aggiunto di Venezia, dove ha seguito tra le altre cose l’inchiesta sul Mose. Nella sua carriera ha indagato sulle cooperative rosse ai tempi di Mani pulite e poi sulle Brigate rosse. A fine dicembre 2018 è diventato membro del CdA della Fondazione Luigi Einaudi. Nei giorni scorsi è stata Giorgia Meloni la prima ad avanzare la sua candidatura: “Domine non sum dignus. Signore, non sono degno”, aveva replicato Nordio. “Sono ovviamente lusingato che sia stato fatto il mio nome”. Ma anche aggiunto di essere “portatore di cultura giuridica. Se parliamo di politica, invece, solo sul piano teorico. Lo sanno tutti che non ho fatto neanche il consigliere comunale“. A piacere a destra molti dei suoi interventi. Ad esempio, dopo gli attentati di Parigi del 2015, propose di vietare il velo a Venezia per prevenire atti di terrorismo. Quest’estate ha inoltre sottoscritto i referendum della Giustizia voluti dal centrodestra e, dopo l’attacco alla sede della Cgil, si è schierato contro lo scioglimento di Forza Nuova. A giugno scorso invece, audito in Senato per parlare del ddl Zan contro l’omotransfobia, ribadì un argomento caro ai difensori della cosiddetta “famiglia tradizionale”: ovvero disse che la pedofilia è “un orientamento sessuale”. La frase controversa (e falsa) che fece discutere fu: “Se una persona dicesse ‘io i pedofili li metterei tutti al muro’, sarebbe incriminabile in base al ddl Zan, perché la pedofilia è un orientamento sessuale. È un orientamento perverso, ma noi sappiamo che non c’è nulla di più volatile della concezione del sesso che noi abbiamo”. A novembre 2021, invitato alla Leopolda di Matteo Renzi, ha attaccato duramente Nino Di Matteo intervenendo a sostegno della tesi sulla separazione delle carriere.

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