Le sorti del nucleare europeo non sono già scritte: nella bozza di un documento che sarà inviato alla Commissione europea, gli esperti Ue che hanno contribuito a costruire la classificazione delle fonti energetiche ‘sostenibili’ dicono ‘no’ al nucleare nella nuova Tassonomia verde e spiegano che il gas potrebbe rientrare solo a condizione di un radicale abbattimento delle emissioni. Una novità inattesa dopo che la Commissione Ue ha prima inserito l’energia dell’atomo e il gas naturale nella bozza della Tassonomia verde, rinviando poi l’adozione dell’atto delegato, inizialmente prevista per il 12 gennaio, proprio con l’obiettivo di concedere più tempo agli esperti e agli Stati membri di analizzare il testo. Se le posizioni di questi ultimi, a iniziare dalle contrapposte Parigi e Berlino non si sono spostate di una virgola, il gruppo di esperti Ue si prepara a bocciare la bozza di regolamento che stabilisce le condizioni alle quali gas naturale e nucleare possano essere considerati attività ‘verdi’ e, quindi, finanziabili. Solo pochi giorni fa le ultime dichiarazioni sul tema della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, secondo cui gas e nucleare sono “necessari alla transizione”. Ora Bruxelles sta per chiudere la consultazione sul regolamento avviata lo scorso 31 dicembre, mentre l’adozione è prevista nelle prossime settimane. Tempo che sarà necessario alla Commissione Ue per esaminare i contributi arrivati da Paesi ed esperti prima di rendere nota la versione definitiva della proposta di atto delegato.

La bocciatura degli esperti Ue – Secondo la bozza del documento preparata dagli esperti, rivela il Financial Times, la bocciatura al nucleare deriva dal fatto che pur avendo emissioni pari quasi a zero non rispetta il principio cardine del “non nuocere significativamente” agli obiettivi individuati dalla tassonomia. Dalla protezione delle risorse idriche e marine, alla transizione verso un’economia circolare, dalla prevenzione e dal controllo dell’inquinamento, alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi. Inoltre, anche se il gas emette meno del carbone, non può essere considerato un’attività sostenibile e allineata agli obiettivi dell’Accordo di Parigi a meno di un abbattimento più che sostanziale delle emissioni, con un tetto a 100 grammi di CO2 equivalenti per Kilowattora. Nel documento si boccia, quindi, la proposta della Commissione di considerare come sostenibili le centrali a gas con un limite di emissioni di 270g di CO2 equivalente per kWh o con emissioni annuali in media di 550kg di CO2e per kW o meno in 20 anni. Il punto, ora, è capire quanto questo documento riuscirà a modificare la proposta di atto delegato sulla tassonomia che la Commissione intende adottare e a cui è arrivata dopo due anni di discussioni e diverse consultazioni, anche pubbliche.

Le posizioni dei Paesi – Nel frattempo, in attesa delle riunioni di queste ore tra i ministri dell’Energia dei Paesi membri, convocati ad Amiens, in una lettera pubblica hanno ribadito il loro “no al nucleare” anche Austria, Danimarca, Lussemburgo e Spagna. La Germania lo aveva già fatto attraverso le parole del cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz: “L’uscita dal nucleare è giusta e noi abbiamo scelto altre strade, e spingeremo sulle energie rinnovabili”. E se gas e nucleare non sono ufficialmente nell’agenda del summit di Amiens i ministri dei quattro Paesi contrari al nucleare in Tassonomia tornano a ribadire le perplessità già espresse negli ultimi mesi. Per loro il regolamento che prevede i requisiti necessari per le attività legate alle due fonti di energia affinché siano considerate utili alla transizione energetica “è un passo indietro” e “invia un pessimo segnale ai mercati finanziari”, rischiando “di essere respinto dagli investitori” e di bloccare per decenni il progresso delle tecnologie pulite, deviando gli investimenti necessari alle rinnovabili.

Il nodo rinnovabili – Un aspetto da non sottovalutare dato che, stando ai dati Eurostat pubblicati nelle ultime ore dalla Commissione, la Francia è l’unico Paese Ue a non aver centrato l’obiettivo al 2020 per le fonti rinnovabili fissato dalla direttiva 2009/28: l’Unione nel suo complesso ha raggiunto il 22% del consumo finale di energia soddisfatto dalle Fer, ossia 2 punti percentuali al di sopra del target, anche se alcuni paesi hanno utilizzato i trasferimenti statistici, ossia lo strumento di cooperazione europeo che permette di scambiarsi quote virtuali di energia pulita. Svezia, Croazia e Bulgaria sono andati tra i sette e gli 11 punti percentuali sopra il target. L’Italia doveva raggiungere il target del 17% ed è a quota 20,4%. La Francia, invece, che avrebbe dovuto raggiungere il 23%, registra un gap di 3,9 punti percentuali. Legambiente, Greenpeace, Kyoto club e Wwf affermano che proprio le rinnovabili sarebbero la soluzione migliore per contrastare il caro-bollette di cui tanto si parla in queste ore. Ma è chiaro che non è la strada intrapresa da Parigi.

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