Sotto il Vesuvio sta andando in scena una vera e propria faida confindustriale. Con intere famiglie schierate dall’una o dall’altra parte. Sullo sfondo i soldi del Pnrr che presto inizieranno a piovere sulla città. L’ultimo episodio, di cui da conto oggi il quotidiano Il Mattino, riguarda l’allontanamento del vicepresidente dell’Unione industriale Francesco Tavassi, messo alla porta dal numero uno dell’associazione Maurizio Maffellotto. Tavassi, presidente del gruppo di spedizioni Temi, aveva impugnato la decisione davanti ai ai probiviri dell’associazione che però hanno avvallato la linea del presidente, confermando un’espulsione che rappresenta un assoluto inedito nella storia dell’unione industriali.

Come si è arrivati a questo punto? Gli industriali partenopei sono spaccati in due. Da un lato c’è la presidenza Maffellotto sostenuta da un nome storico del mondo confindustriale: Antonio D’Amato, presidente degli imprenditori italiani dal 2000 al 2004 con una linea molto molto vicina a quella del governo Berlusconi. Sua moglie Marilù Faraone Mennella guida la NaplEst società che si sta occupando dei progetti di sviluppo dell’area orientale di Napoli. Dall’altro lato attorno all’ex presidente dell’Unione Industriali e di Acen (associazione costruttori edili) Ambrogio Prezioso e all’attuale vicepresidente Tavassi ha preso forma un gruppo di aziende (tra cui big come Leonardo o Metropolitana di Napoli) anch’esse interessata allo sviluppo delle connessioni tra Est ed Ovest della città. Si pestano insomma i piedi a lady D’Amato. La posta in gioco è a 9 zeri: il progetto presentato da NaplEst vale 8,5 miliardi di euro. I vertici dell’Unione industriali accusano quindi Tavassi di aver dato vita ad una “Confindustria ombra” che si muove in contrasto con quella ufficiale. Tavassi nega le accuse e si definisce “epurato”. Nel mirino dei vertici dell’associazione c’è anche un altro vicepresidente, Giancarlo Schisano, manager di Leonardo che potrebbe presto dover seguire Tavassi.

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